16.05.2025
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Politics

Patrioti terzo gruppo Ue. Il pressing su Bruxelles


BRUXELLES Marine Le Pen riparte dal Parlamento Ue e dall’abbraccio con Viktor Orbán per serrare i ranghi delle sue truppe dopo che le urne delle legislative francesi ne hanno arginato (per ora) l’onda nera. Il tempismo non è casuale: passato il secondo turno, il Rassemblement National ha sciolto la riserva e, insieme alla Lega, ieri ha mandato in soffitta quel che rimaneva del gruppo sovranista di Identità e democrazia (Id) all’Eurocamera per issare i vessilli dei Patrioti per l’Europa, ora terzo gruppo dell’Aula. La neonata formazione della destra radicale era stata lanciata a fine giugno dal premier ungherese Orbán, determinato a uscire dall’angolo in cui si era cacciato con il suo Fidesz, dal 2021 orfano di una famiglia politica Ue. In neanche dieci giorni i Patrioti hanno soppiantato Id e racimolato oltre una ventina di altri seggi qua e là per passare in un sol colpo a 84 eletti, in provenienza da 12 Paesi: numeri che — ufficializzati nella riunione costitutiva di ieri a Bruxelles — li vedono piazzati alle spalle di popolari e socialisti. E riscrivere, se non gli equilibri politici, perlomeno l’aritmetica dell’ultradestra dell’emiciclo: i Patrioti sorpassano in curva, infatti, i Conservatori e riformisti di Giorgia Meloni, il cui terzo gradino del podio è durato appena venti giorni.

IL SORPASSO

La campagna acquisti fa scivolare l’Ecr a quota 78, a un’incollatura dai liberali di Renew Europe, quinti con 76: è la diretta conseguenza della fuoriuscita-lampo degli spagnoli di Vox, finora alleati meloniani, che hanno deciso di traslocare con Orbán, Le Pen e Matteo Salvini. Con 30 eletti — la delegazione più nutrita -, i lepenisti hanno potuto ipotecare per Jordan Bardella, eletto in contumacia, la presidenza del neonato gruppo: una sorta di premio di consolazione per il 28enne che ha visto andare in fumo i sogni da premier più giovane della République, e che ora si dice pronto a «rappresentare la speranza per decine di milioni di cittadini dell’Europa delle nazioni». Vicepresidente vicaria è l’ungherese Kinga Gál, ma ai posti di comando del nuovo gruppo finisce pure l’esordiente della Lega Roberto Vannacci (anche lui assente come Bardella), insieme a un rappresentante ciascuno per Vox, i cechi anti-establishment di Ano, freschi di abbandono dei liberali, gli olandesi del Pvv (il partito di Geert Wilders che è l’azionista di maggioranza del governo), i portoghesi di Chega! e gli austriaci dell’Fpö. Con Fidesz, Pvv e Lega, sono tre in tutto le formazioni di governo che siedono tra i Patrioti. Rimane fuori dai giochi l’estrema destra tedesca dell’AfD, alle prese con la creazione senza troppe chance di una propria formazione ancora più a destra, dopo che lepenisti e leghisti ne avevano decretato l’espulsione alla vigilia delle elezioni europee per via delle dichiarazioni controverse sulle SS naziste.

POTENZIALI NUOVI INGRESSI

Non è dato, invece, per tramontato del tutto il negoziato con i polacchi del PiS, che con 20 seggi sono la delegazione più numeroso di Ecr dietro Fratelli d’Italia: «L’impressione è quella», ha detto a proposito dell’adesione il capodelegazione lepenista Jean-Paul Garraud, mandato a fare le veci dei vertici del partito rimasti in Francia. «Non siamo un blocco monolitico», ha ammesso poi, parlando di potenziali nuovi ingressi: il programma politico che mette d’accordo i Patrioti sconta, spesso, la diversità di vedute dovuta agli interessi nazionali; ma sulle grandi questioni va dalla «tutela delle radici giudaico-cristiane dell’Europa» al no a immigrazione e Green Deal. Più sfumata sull’Ucraina — e infatti in conferenza stampa non manca qualche imbarazzo per decidere chi far rispondere alla domanda sulla guerra -, con spagnoli e olandesi che hanno ribadito il loro sostegno a Kiev mentre imperversa l’autoproclamata tournée “per la pace” di Orbán.

I Patrioti si collocano con fermezza all’opposizione della maggioranza di larghe intese popolari-socialisti-liberali, ma nonostante il peso in termini di seggi rischiano di rimanere ai margini del gioco politico. «Ininfluenti», come è tornato a bollarli a sera il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani: il riferimento è al “cordone sanitario” che già in passato, tagliandoli fuori dalle alleanze d’Aula, ha impedito a Le Pen e ai suoi alleati di ottenere anche sola una delle 14 vicepresidenze dell’Eurocamera o della trentina di presidenze delle commissioni parlamentari.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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