20.07.2025
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Politics

Parigi attacca, Berlino più soft. E Ursula pensa già al piano B


C’è ancora domani per trattare. Ma il piano B va messo a punto subito. Spiazzata (ma neppure troppo) dal nuovo e irrituale affondo di Donald Trump, che minaccia dazi al 30%, l’Europa guarda le carte che si ritrova in mano. Valutando le prossime mosse nel complesso tira-e-molla con gli Stati Uniti, ma anche scommettendo su uno sprint nelle intese commerciali con il resto del mondo, a cominciare dal Mercosur. E infatti Ursula von der Leyen ha scelto di mostrare nervi saldi e di rispondere a caldo alla lettera di Trump con parole calibrate: «Rimaniamo pronti a lavorare per raggiungere un accordo entro il 1° agosto».

BASTONE E CAROTA

Insomma, la carota è bene in mostra, come lo era stata nei giorni scorsi, quando Bruxelles aveva fatto filtrare la volontà di accettare un dazio (quasi) generalizzato del 10% e di stoppare l’elaborazione di una “digital tax” anti Big Tech. Ma il bastone rimane nell’altra mano della presidente della Commissione: «Adotteremo tutte le misure necessarie a tutelare gli interessi dell’Ue, inclusa l’introduzione di contromisure proporzionate, se necessario». Alcune, le uniche già nell’arsenale Ue, potrebbero scattare in rivalsa già alla mezzanotte di martedì, se non arriverà un’estensione della loro sospensione, ma a Bruxelles tante delegazioni diplomatiche considerano la lettera tattica negoziale e predicano cautela per evitare che una mossa di principio possa far saltare il tavolo. Una mossa che, per ora, sarebbe condivisa pure da Ursula von der Leyen. La Germania si è mostrata prudente: per la ministra dell’Economia Katherina Reiche, esponente della Cdu come il cancelliere Friedrich Merz, «è necessario raggiungere rapidamente un esito pragmatico», concentrandosi sui principali nodi dei colloqui, a cominciare dall’automotive cara a Berlino. Chi, invece, evoca la rappresaglia con toni più duri è Emmanuel Macron, il più attivo tra i “falchi” fautori di un approccio fermo con gli Usa: il presidente francese ha scritto su X che «dobbiamo accelerare la preparazione di contromisure credibili, mobilitando tutti gli strumenti a nostra disposizione, compreso il meccanismo anti-coercizione, se entro il 1° agosto non si trova un accordo Ue-Usa». Parigi rimette sul tavolo, in sostanza, pure lo strumento mai attivato ma che — in caso di minaccia economica da parte di un governo straniero — consentirebbe a Bruxelles di limitare gli investimenti Usa in Europa, la partecipazione delle aziende a stelle e strisce agli appalti pubblici, i diritti di proprietà intellettuale delle società tecnologiche.

IL DERBY TRA I 27

Il derby tra i 27 Stati Ue tornerà in scena oggi, quando si riuniranno in via d’urgenza gli ambasciatori di stanza a Bruxelles. Chi giudicava già eccessive le concessioni sul 10% (plasmate sul modello britannico tanto criticato da nordici e francesi) avrà adesso più di una cartuccia per dimostrare ai partner che la linea morbida conciliante non ha portato a granché. Intanto, la solita Ungheria non ha perso tempo per approfittare dell’assist di Washington e attaccare così von der Leyen per la sua «incompetenza»: «Gli europei ne pagheranno il prezzo. Lo avevamo detto, l’Ue avrebbe dovuto ridurre i dazi che applica agli Usa dopo l’insediamento di Trump». Comunque vada, insomma, la relazione transatlantica è compromessa, spiegano altre fonti diplomatiche. Ma l’Ue rimane «il partner più affidabile al mondo» e da un’accelerazione nella conclusione delle intese con altri Paesi passa il piano per provare a sostituire, da subito, perlomeno una parte delle opportunità e degli affari penalizzati dalle sovrattasse trumpiane. «Continuiamo a rafforzare le nostre partnership globali, ancorate saldamente ai principi del commercio internazionale basato su regole condivise», ha ripetuto ieri von der Leyen. Il primo risultato concreto? Superare le ultime resistenze e proseguire con la ratifica del trattato di libero scambio con il Mercosur, il blocco sudamericano che mette insieme Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, la pubblicazione del cui testo sarebbe imminente. Di certo, ne parleranno i ministri del Commercio, riuniti domani a Bruxelles, così come si confronteranno sulle offerte con cui l’Ue si dovrà presentare a Pechino il 24 luglio, nel giorno del summit Ue-Cina, sulle trattative in corso con l’India e sulla necessità di rafforzare l’alleanza nel Pacifico con gli altri Stati occidentali spiazzati da Trump: Giappone, Canada, Australia e Nuova Zelanda.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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