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Una pace disarmata e la necessità di costruire ponti per l’umanità: è questo il cuore del primo messaggio di Papa Leone XIV proclamato dalla loggia di San Pietro dopo l’elezione da parte di 133 cardinali. Robert Francis Prevost è il primo pontefice americano e porta con sé un’identità composita: cittadino statunitense, di origini francesi, italiane e spagnole, ha trascorso buona parte del suo ministero in Perù, dove ha guidato la comunità agostiniana, incarnando sin da subito la figura del “ponte” tra Europa e Americhe. Oltre ad incarnare il custode della Chiesa costruita da Papa Francesco, una comunità cattolica contro le guerre. Un tema caro al governo italiano.
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La formazione e le posizioni
La sua biografia personale e il suo cammino ecclesiale lo rendono un simbolo vivente di quell’intreccio culturale, spirituale e geopolitico che oggi può contribuire a ridare coerenza all’identità cristiano-cattolica dell’Occidente. La famiglia di Prevost affonda le origini nella tradizione francese, italiana e spagnola, tre culture che hanno contribuito in modo determinante alla storia del cattolicesimo e alla formazione dell’Europa moderna. Ma non si tratta solo di genealogia, quelle radici riaffiorano nella sua sensibilità pastorale e nella capacità di parlare a popoli diversi. Lo si è visto chiaramente nel suo primo discorso da Papa, pronunciato non solo in italiano e latino, ma anche in spagnolo, per rivolgersi alle comunità dell’America Latina e al mondo ispanico, mantenendo un filo con il pontificato di Bergoglio. È l’esperienza missionaria in America Latina, in particolare in Perù, ad aver segnato maggiormente la sua formazione. Proprio lì, immerso in un contesto sociale segnato da povertà, disuguaglianze, tensioni politiche e speranze popolari, ha dimostrato di saper incarnare un cristianesimo che accompagna in linea con il magistero di Papa Francesco.
Il nuovo pontificato
Ed è proprio la continuità con l’opera di Bergoglio uno degli elementi più evidenti del nuovo pontificato: Leone XIV non si presenta come un innovatore solitario, ma come il custode e il prosecutore di un percorso già avviato, quello di una Chiesa che mette al centro gli ultimi, che si schiera contro le guerre. Il suo primo discorso da pontefice, con il forte richiamo a una «pace disarmata» e alla costruzione di ponti tra i popoli, suona come un’estensione naturale della voce di Francesco, ma con una sua identità alla ricerca di nuove sponde in uno scenario geopolitico sempre più fragile. Papa Leone XIV tocca corde care anche al governo italiano, richiamando ai temi che intrecciano fede e diplomazia. Giorgia Meloni ha fatto riferimento alla “pace, alla fraternità e alla responsabilità”, parole che trovano eco nel nuovo magistero del nuovo pontefice quanto nelle aspirazioni della politica estera italiana.
L’appello alla pace di Prevost, in Ucraina come in Medio Oriente, parla non solo ai fedeli, ma si allinea anche con le priorità strategiche di Palazzo Chigi, che pur restando ancorato all’alleanza Atlantica, guarda con interesse al ruolo del Vaticano come mediatore.
In una lettera indirizzata al nuovo Pontefice, la presidente del Consiglio scrive: “Gli italiani guarderanno a Lei come guida e punto di riferimento, riconoscendo nel Papa e nella Chiesa quell’autorità spirituale e morale che deriva dal suo inesauribile messaggio di amore, carità e speranza, che sgorga dalla Parola di Dio”.
Parole che rappresentano un riconoscimento esplicito del peso che la figura papale continua ad avere nella coscienza collettiva del Paese. Non solo come leader religioso, ma anche come voce in grado di influenzare il dibattito pubblico anche al di là della sfera religiosa.
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