14.08.2025
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Economy

Oro, sale la speculazione di Borsa tra dazi e mosse delle banche centrali


C’è ancora una certa cautela tra gli operatori a parlare di “grande speculazione” sull’oro. Ma gli ingredienti ci sono tutti, a leggere i report snocciolati nelle ultime ore dopo l’ennesimo affondo di Trump che colpisce nel cuore il sistema di scambio globale del metallo giallo seppure attraverso i dazi imposti alle importazioni in Usa di lingotti svizzeri da un chilogrammo. Ed è a questi ingredienti che stanno guardando con attenzione anche le Autorità di vigilanza dei mercati, da una parte all’altra dell’Oceano. Sotto osservazione c’è il ruolo di riserva internazionali del metallo giallo, ben più pesante negli ultimi mesi, a fronte della debolezza del dollaro in un sistema che sta cercando una certa diversificazione rispetto alla dipendenza dalla moneta Usa (oggi l’oro vale il 20% delle riserve delle banche centrali globali, contro il 46% del dollaro Usa). Ben più attive del solito sono risultate la banca centrale cinese e quella russa. E se è già da tempo che un po’ tutte le banche centrali comprano oro fisico a ritmi elevati, superando le 1.000 tonnellate annue per il terzo anno consecutivo (più del doppio della media del decennio precedente), il trend è destinato a durare, giurano gli esperti.

È poi l’ultimo report del Gold World Council a certificare un secondo trimestre consecutivo di forte domanda di Etf globali (fondi di investimento di tipo passivo) garantiti dall’oro. Un flusso alimentato dall’incertezza sulla politica commerciale, dalle turbolenze geopolitiche e dall’aumento dei prezzi dello stesso oro. Gli hedg fund, neanche a dirlo, sono in manovra da un po’. Ma anche gli investitori in lingotti e monete, per la verità, si sono uniti alla mischia, attratti dalla corsa delle quotazioni e dal dna di bene rifugio per eccellenza del metallo. Tanto che si è chiuso il primo semestre più solido a partire dal 2013 per le puntate sull’oro fisico. Così si spiega la domanda totale di oro balzata del 45% su base annua, mentre i prezzi hanno superato una crescita del 40% nello stesso periodo.

Eppure il bello potrebbe essere ancora di lì da venire a giudicare dalle ultime previsioni che vedono l’oro oltre quota 4mila dollari l’oncia, ben oltre i massimi toccati a quota 3.500 dollari sull’onda dell’aumento dei deficit pubblici, delle persistenti pressioni inflazionistiche e dell’escalation delle tensioni geopolitiche. L’effetto dazi rischia di alimentare il peso della speculazione.

LE MANOVRE
«Se le ripercussioni economiche dello shock prodotto dai dazi dovessero rivelarsi gravi», spiega Nitesh Shah di WisdomTree, «la Federal Reserve potrebbe essere costretta a tagliare i tassi di interesse per sostenere il mercato del lavoro. Una tale mossa amplificherebbe le pressioni inflazionistiche, aggravando gli effetti diretti di dazi più elevati sui prezzi e aprendo la strada a un deprezzamento più pronunciato del dollaro statunitense». E ancora, dice l’esperto, «i maggiori timori di danni all’economia potrebbero spingere gli investitori a cercare coperture contro l’incertezza, con un conseguente aumento delle posizioni speculative nei future sull’oro. In questo scenario, i prezzi dell’oro potrebbero subire un leggero calo nel primo trimestre, ma dovrebbero poi accelerare, raggiungendo i 4.475 dollari entro il 2026». La trattativa sui lingotti svizzeri, l’effetto dazi sull’inflazione, le mosse della Fed: dipenderà anche da queste variabili fin dove può arrivare la speculazione sull’oro. Ma è certo che la prima variabile, anche in questo caso, è rappresentata dagli annunci di The Donald.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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