Moodys era l’ultima. La più ostica. Per anni ha tenuto inchiodata l’Italia ad un passo dal baratro. Un solo gradino sopra il rating “spazzatura”. Quello che una volta sceso, obbliga i grandi investitori esteri e i fondi pensione internazionali a disfarsi dei Btp. Il giudizio dell’Agenzia americana è stato per lungo tempo una Spada di Damocle sulla testa di qualsiasi governo e dello stesso Paese. È dal 2002 che Moodys non promuove l’Italia. Da allora solo bocciature, fino all’ultimo declassamento deciso nel 2018, quando alla guida del Paese arrivò il primo governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte. Era l’epoca del Reddito di cittadinanza, di Quota 100, dei festeggiamenti dei ministri sul balcone di Palazzo Chigi per la sconfitta della povertà. Sono passati sette anni, con in mezzo la pandemia e l’invasione dell’Ucraina. Ma è negli ultimi due anni che l’Italia è davvero riuscita a rimettere i suoi conti in carreggiata. Ne va dato atto al ministro Giancarlo Giorgetti che ha chiuso con una certa ferocia l’allegra spesa del Superbonus e ridotto ad un livello sostenibile quella per il Reddito di cittadinanza, ricalibrato più sulla ricerca di occupazione che su un mero sussidio, e oggi ribattezzato Assegno di inclusione. Ma che ha saputo dire anche dei no pesanti al suo stesso partito, la Lega, bloccando qualsiasi cedimento sul fronte dell’età di pensionamento come dimostra la decisione presa con la manovra in discussione al Senato di non fermare il meccanismo di adeguamento automatico dell’età di uscita alla speranza di vita. La decisione di promuovere l’Italia da parte di Moodys non coglie insomma di sorpresa.
LA SORPRESA
La vera sorpresa, semmai, l’hanno avuta gli stessi analisti dell’agenzia, che a ottobre del 2022, subito dopo le elezioni politiche che avevano portto all’affermazione della coalizione di centrodestra guidata da Giorgia Meloni, avevano detto di essere pronti alla bocciatura del Paese e del suo debito pubblico nel caso in cui avesse deviato dal percorso di riforme previsto dal Piano di ripresa e resilienza. Così non è stato. Anzi, persino sul Recovery, con sette rate già incassate, l’Italia è stata in Europa un esempio virtuoso. Tenere dunque il Paese a un gradino dalla spazzatura finanziaria non solo sarebbe stato ingiusto, sarebbe suonato antistorico, dopo che Standard&Poor’s ha detto di aver indossato “gli occhiali rosa” sull’Italia, dopo la promozione di Fitch, quella di Scope rating e quella di Dbrs Morningstar che ha portato Roma direttamente nella serie A. Ed è propri qui che sta un altro punto sul quale le agenzie saranno chiamate a interrogarsi il prossimo anno quando dovranno ripetere i loro giudizi: l’Italia merita o no definitivamente di tornare nella massima serie dell’affidabilità? Una serie A dove, vale la pena ricordarlo, ci sono oggi Paesi come la Francia con deficit fuori controllo con i quali alimentano una crescita che rischia di essere drogata. Un’altra agenzia di rating, Scope, non più tardi di ieri ha pubblicato un approfondito studio di comparazione tra la situazione italiana e quella francese. In assenza di shock, ha spiegato, le dinamiche fiscali dell’Italia sono più favorevoli grazie al suo avanzo primario determinato da un efficace consolidamento fiscale, dalla stabilità politica e dalla prevista continuità delle politiche, probabilmente dopo le elezioni generali del 2027.
L’Italia ha anche, per così dire, un altro vantaggio competitivo nei confronti della Francia. Un elevato livello di ricchezza e risparmio che i suoi cittadini, le sue imprese e le sue banche, investono nel debito pubblico del Paese. Ogni 100 euro di Bot e Btp, ben 70 sono sottoscritti da connazionali. In Francia non è così, la maggior parte del debito pubblico è posseduto all’estero e questo rende il Paese più fragile. Non c’è però da crogiolarsi troppo. Le sfide non mancano. Il debito pubblico italiano è ancora troppo elevato e la crescita, senza la leva del deficit e con le tensioni sul commercio internazionale, stenta. Così come non si può non vedere quell’elefante nella stanza (mal comune con tutti i Paesi occidentali) che è la demografia. Ma i conti in ordine, il giudizio positivo dei mercati e degli investitori, sono quelle fondamenta gettate sulla roccia che permettono di affrontare i temporali di questa epoca di incertezza. E che soprattutto permetteranno di immaginare e di costruire le nuove politiche di sviluppo.
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