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Tomas Brolin, ex attaccante svedese del Parma, ha parlato alla Gazzetta dello Sport, soffermandosi sulla sua esperienza da calciatore ma anche sulle motivazioni che l’hanno portato a smettere e sulle attività intraprese al termine della carriera da calciatore.
Il racconto di Brolin
«La vita è troppo breve per non divertirsi, tutto cambiò quando conobbi un inventore, ho fatto il giocatore di poker a livello pro, ma anche quello mi ha stufato» così alla Gazzetta dello Sport. Brolin sta per compiere 56 anni e ha vissuto una carriera di successo, sopratutto col Parma, vincendo la Coppa Italia 1991-1992, la Coppa delle Coppe e la Supercoppa UEFA nel 1993 e la Coppa UEFA 1994-1995. Nel post-carriera è stato imprenditore nel settore delle calzature, produttore musicale, ma anche ristoratore e immobiliarista. Per non farsi mancare nulla anche giocatore pro di poker e adesso, venditore di aspirapolveri. Un distacco totale dal suo primo amore, il calcio.
IL QUARTO POSTO AL PALLONE D’ORO ’94 — «Con la Svezia sono arrivato terzo al Mondiale nel 1994. E in quell’anno mi piazzai al quarto posto nella classifica del Pallone d’Oro, dietro a Stoichkov, Roberto Baggio e Paolo Maldini. Mica male, no?».
IL RITIRO A 28 ANNI — «Ero sinceramente stanco di allenarmi tutti i giorni e mi frullavano altri progetti in testa. Sono sempre stato molto curioso. Un uomo si avvicinò a me. Era un personaggio strano: un inventore. Mi propose la sua nuova idea di aspirapolvere. Ne fui letteralmente attratto e con lui aprii un’azienda. Fu la spinta che non mi diede più la voglia di tornare in campo. La vita è troppo breve per fare cose noiose, io ero soddisfatto della mia carriera da calciatore».
I RICORDI A PARMA — «Mi mancano tante cose di quel periodo, la cucina, le partite a tennis con il mio amico Giampiero Alinovi e i duelli a ping pong con Gianfranco Zola. Lo battevo spesso. Avevo il tavolo nella mia casa alle porte della città, passavamo ore e ore a sfidarci. Così è nata una bella amicizia che dura ancora oggi».
IL POKER DA PRO — «Per caso, ho cominciato a giocare con gli amici di Stoccolma, ci ho preso gusto e, partita dopo partita, sono sbarcato nelle grandi sale dei casinò di Las Vegas. Come sono da pokerista? Tranquillo, come in campo. Potevo avere carte bellissime o carte pessime, ma non lasciavo trasparire nulla dal volto. Cercavo di studiare gli avversari. Il gioco consiste soprattutto in questo. Poi, però, anche questo ambiente mi ha stancato. A volte mi chiedo: non sarò troppo inquieto? Il fatto è che ho sempre bisogno di nuovi stimoli».
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