22.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Fashion

«Oggi la differenza la fanno donne forti capaci di ispirare»


Love is life. Amore è vita. Sono queste le parole che Diane von Fürstenberg, al secolo Diane Simone Michelle Halfin, stilista nata in Belgio e con origini ebraiche — la mamma fu una sopravvissuta dell’Olocausto — americana di adozione, usa per definire la sua vita. Una vita intensa che l’ha resa icona di empowerment femminile, creatrice del wrap dress che compie 50 anni, sulla cresta dell’onda in America e in Italia. È qui, infatti, che durante la 60a Biennale d’Arte e l’81a Mostra del Cinema di Venezia, lo scorso 29 agosto è andata in scena la 15a edizione annuale dei DVF Awards, realizzato con la Diller-von Furstenberg Family Foundation. Una manifestazione che quest’anno ha premiato donne coraggiose e impegnate come l’ex Primo Ministro della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, la co-fondatrice di Women Wage Peace, Yael Admi, la co-fondatrice e direttrice di ‘Women of the Sun’, Reem Al-Hajajreh, l’attivista per la giustizia climatica e co-fondatrice di Re-Earth Initiative, Xiye Bastida, la sostenitrice dei diritti riproduttivi e presidente di SVS Donna Help Donna, Alessandra Kustermann e la sostenitrice dei diritti delle donne e dei bambini e fondatrice del Graça Machel Trust e della Foundation for Community Development, Graça Machel, moglie dell’ex presidente del Sud Africa Nelson Mandela. 
Diane, lei è una fashion designer, come ha avuto l’idea di realizzare questo premio?
«Circa 18 anni fa mio figlio lanciò l’idea e ci abbiamo lavorato su. Prima di arrivare a Venezia siamo la manifestazione si è tenuta per 9 anni a New York, all’ONU, poi al Brooklyn Museum, a Parigi e a Washington. Da 3 anni, invece è in Laguna». 
Lei è simbolo di emancipazione femminile, una donna forte che ha sempre fatto sentire la sua vocem. Le donne che ricevono il suo premio le somigliano?
«No, io al loro confronto non ho fatto nulla. Sono nata nel posto giusto e nel momento giusto e, come dico sempre, ho navigato bene. Le mie 5 premiate hanno in comune il coraggio di lottare, la forza di sopravvivere e un carisma in grado di ispirare la comunità». 
Che rapporto ha con l’Italia?
«In Italia ho iniziato i miei primi passi nel mondo della moda, o meglio, della creatività. Sul finire degli anni ‘60 ero a Como dopo un periodo a Parigi, dove lavoravo come assistente di un fotografo Albert Koski nel visual. Poco dopo ho conosciuto l’imprenditore tessile Angelo Ferretti a Cortina e mi ha portato in fabbrica. Lui produceva foulard per Valentino e Ferragamo i tempi. Sono entrata in contatto con gli artigiani, i coloristi ed è lì che ho imparato tutto: come si fanno le cartelle di colore, le stampe, come si comprano le illustrazioni. Quando Ferretti rilevò un’azienda di collant che era fallita, piena di queste macchine tubolari per la maglieria pensammo a cosa fare e vennero fuori polo e maglie in un jersey unico». 
Nacque lì il wrap dress?
«Assolutamente sì, vengono da lì il tessuto e le stampe anche se all’inizio era un top incrociato, come quelli indossati dalle ballerine. Lo abbinai con una gonna e con un pantalone, poi diventò un vestito e arrivò il successo anche in Ameica. Da lì, tra il 1969 e il 1974, ho vissuto il mio american dream, ho sfilato, ho avuto due bambini. Non so nemmeno io come ho fatto». 
Il suo wrap dress, che compie 50 anni e non li dimostra affatto, lo hanno indossato tantissime celebrities. Su chi vorrebbe vederlo ora?
«Sulle star più lontane dal mio genere, quelle che non ti aspetti. Mi piace che Michelle Obama nella prima cartolina di Natale lo abbia indossato e che lo abbia voluto anche Amy Winehouse. Pedro Almodovar ha usato le mie creazioni molte volte. Banderas, in un suo film, travestito da donna, portava in dosso il wrap dress. Al regista spagnolo ho chiesto se la scelta fosse stata casuale. Mi ha risposto che non lo era, che il wrap dress era simbolo della donna». 
Vestirebbe Kamala Harris?
«Mi piacerebbe molto. La vestiremo sicuramente. Spero tantissimo che diventi Presidente».
New York è la città che ha fatto la sua fortuna. Cosa l’ha colpita della Grande Mela? 
«Ci sono arrivata che avevo poco più di 20 anni. Mia madre mi regalo per il compleanno il biglietto aereo per raggiungere Egon von Fürstenberg, con il quale mi frequentavo da un paio di anni. Lui era molto conosciuto, un principe italo tedesco, tutti gli stilisti mi volevano vestire. Adoravo questa città così dinamica, frenetica, piena di stimoli. Tornata in Italia non pensavo ad altro che a come tornare in America». 
Ora che è a Venezia dove sogna di essere invece? 
«Amo questa città da sempre, ci vengo da quando ho 20 anni grazie ad Egon, il mio ex marito, la sua mamma viveva qui. Penso sia completa e piena di opportunità. La immagino come una donna fantastica, seducente, scaltra, in carriera. Ha inventato tutto, il commercio, la diplomazia. Mi piacerebbe scriverci un libro, Venezia come fosse una donna. Spero di poter passare l’inverno della mia vita qui, perché credo che possa avere un ruolo importante nel mondo, per elevare il dibattito sui grandi temi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]