ROMA È un monito perentorio. Studiato nei toni e nei tempi. «La fase due del Pnrr, cioè la messa a terra degli investimenti, è fondamentale, forse la più importante, e non sono ammessi errori e ritardi». Giorgia Meloni mette in guardia ministri, amministratori e governatori a metà pomeriggio. Presiede la cabina di regia sul Recovery italiano e striglia il governo: niente passi falsi «nell’ultimo miglio». Al suo fianco Raffaele Fitto, ministro agli Affari Ue con le valige pronte per Bruxelles — è lui il vero unico nome del governo per ricoprire un posto nella nuova Commissione — sciorina dati e tabelle utili a dimostrare i compiti fatti a casa dal governo sul grande piano europeo.
I DATI
A partire dalla spesa, salita ad oltre 51 miliardi di euro. O ancora l’avanzamento dei lavori: sono state affidate gare per 122 miliardi su 132 e il 92 per cento delle misure previste nel piano è stato «regolarmente attivato». È un quadro roseo quello dipinto dal governo nella quinta relazione semestrale pronta ad atterrare in Parlamento. Ammonta a 111 miliardi, scrivono nella relazione i tecnici di Palazzo Chigi, il valore degli investimenti per i quali sono già state espletate tutte le procedure di gara, cioè il 92 per cento delle misure attivate».
Dati «molto positivi» dice Meloni in cabina di regia plaudendo all’ «ottimo lavoro» del suo ministro e consigliere. E sembra già un bilancio di fine missione, se è vero che da qui ai prossimi giorni la leader del governo tornerà a sentire Ursula von der Leyen per trattare il posto da commissario proprio per Fitto. «Lui è il più esperto, io ho già dato», ha detto ieri a margine del Consiglio affari Ue il vicepremier azzurro Antonio Tajani. Prima però Meloni vuole assicurarsi che non ci siano nuovi inciampi nel cammino per centrare i target europei.
Vietato riposare sugli allori. A due anni dal traguardo — giugno 2026 — la roadmap «non consente pause» perché, spiega Meloni, «come insegna lo sport, è l’ultimo miglio» a decidere chi vince e chi perde. È un cruccio costante nei pensieri del capo del governo, il destino dei fondi Ue. E non solo nei suoi pensieri: da mesi, nelle interlocuzioni con Sergio Mattarella e il Quirinale, emerge la preoccupazione di garantire un percorso sicuro all’attuazione del Recovery italiano. A Palazzo Chigi hanno cominciato a mettere testa al piano B per Fitto.
Chi può prendersi sulle spalle la montagna del Pnrr? Molto dipende, ovvio, dal portafoglio che strapperà a Bruxelles l’ex governatore pugliese e colonnello di Fratelli d’Italia. Se dovesse ottenere la delega al Recovery, potrebbe sorvegliare da lì l’attuazione del piano italiano. E in quel caso basterebbe affidare l’ordinaria amministrazione a una figura tecnica. L’altra ipotesi porta allo spacchettamento delle deleghe di Fitto. Gli affari europei a Edmondo Cirielli, viceministro agli Esteri e veterano di via della Scrofa, la delega al Sud a Nello Musumeci. Mentre il Pnrr potrebbe finire sotto il cappello di un sottosegretario a Palazzo Chigi. Mantovano? Difficile, ha già troppa carne al fuoco l’uomo dei dossier che fa dormire serena la premier.
Si fa strada allora l’ipotesi di dare a Giovanbattista Fazzolari, consigliere-Richelieu di Meloni e responsabile del programma, l’onere di vigilare sui fondi Ue. Dopotutto, è il ragionamento, quando sindaci e governatori vengono a bussare al portone di Palazzo Chigi coi loro cahiers de doléances, serve una figura «politica» a tenergli testa. Come ha fatto finora Fitto. Che in conferenza stampa schiva le domande più maliziose dei cronisti, da vero democristiano. Salvini e il braccio di ferro sulla Concorrenza con la Commissione Ue? «Troveremo una soluzione». E se Ursula affidasse all’Italia la fumosa delega del commissario al Mediterraneo, sarebbe una provocazione? «Non spetta a me valutare». Tant’è.
LA ROADMAP
Intanto i numeri, quelli del governo, raccontano un piano che cammina a passo deciso. Un errore è già di troppo per un Paese, come va ricordando da tempo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha bisogno delle risorse europee per finanziare lo sviluppo. E con la manovra che si avvicina deve ancora fare i conti con la voragine di bilancio lasciata dal Superbonus di grillina memoria. Sullo sfondo un grande interrogativo. Non è che la Commissione Ue metterà i bastoni tra le ruote all’Italia dopo il niet di FdI all’Ursula-bis? Meloni è sicura che non sarà così. Fitto anche: «Escludo totalmente che ci siano problemi politici».
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