23.08.2025
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Economy

no dei soci all’Ops su Banca Generali


Un’epoca è finita. Quella in cui le azioni si pesavano e non si contavano, in cui i manager comandavano sui soci, fino a trasformare la governance in una sorta di autocrazia. Il voto di ieri sull’offerta di scambio di Mediobanca su Banca Generali, ristabilisce, in qualche modo, l’ordine naturale delle cose.

Le azioni si contano, e sono gli azionisti a decidere i destini dei gruppi nei quali investono il loro denaro. Il conteggio dei voti è stato nettamente favorevole a chi, tra i soci, voleva fermare l’offerta lanciata da Mediobanca forzando le regole.

I CONTEGGI

Il 42,6 per cento ha votato contro o si è astenuto (che in questo caso equivale a un voto contrario) e il 35,4 per cento ha votato a favore. Ma con delle differenze sostanziali negli schieramenti. Per fermare l’offerta lanciata dal numero uno di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, si sono espressi tutti i grandi soci della banca: la Delfin della famiglia Del Vecchio, il gruppo Caltagirone, le casse di previdenza come Enpam, Cassa forense ed Enasarco, la famiglia Benetton, Unicredit.

Dall’altro lato quello che rimaneva del vecchio patto di sindacato e poi i fondi di investimento “passivi” (se si fa l’eccezione di Blackrock e Norges Bank), vale a dire azionisti che non studiano i dossier ma si limitano a votare pedissequamente quanto consigliato dai Proxi. Dal libro dei soci è invece scomparsa la Unipol di Carlo Cimbri, con la sua quota del 2 per cento. Un altro gruppo che ha abbandonato la nave, ormai affondata, di Nagel. L’ultimo solo in ordine di tempo ad aver voltato le spalle al numero uno di Mediobanca. Lo avevano già fatto la Mediolanum dei Doris e Berlusconi, i Gavio, gli Acutis, Minozzi e altri soci di quello che un tempo era definito il “salotto buono”.

Per molti è stato difficile del resto comprendere le mosse scomposte degli ultimi due mesi: un’assemblea convocata per lanciare un’Ops e poi sconvocata il giorno prima. Per poi riconvocarla a settembre e di nuovo anticiparla ad agosto. E poi le riunioni con i suoi candidati al consiglio delle Generali per anticipare l’intenzione di lanciare l’offerta su Banca Generali. Mosse confuse che hanno fatto sì che attorno a Nagel si creasse il vuoto. Il manager è rimasto solo.

IL VUOTO

Tutto questo rende davvero difficile comprendere come possa pensare di andare avanti senza trarne le conclusioni. Nagel e la sua epoca sono di fatto finiti. Ora dovrebbe solo abbassarsi il sipario. Questo giornale ha già ricordato la lezione di rigore di Vincenzo Maranghi, di cui pure Nagel è stato il delfino. Maranghi quando capì che i grandi soci di Mediobanca avevano intenzione di sostituirlo e che qualsiasi forma di resistenza sarebbe stata vana, si fece da parte rinunciando anche a una buonuscita da 10 milioni di euro. Nagel invece ha intenzione di resistere, di restare aggrappato alla poltrona di amministratore delegato di Piazzetta Cuccia. Ma il suo destino appare comunque segnato.

Sgombrato il campo dall’offerta di scambio di Mediobanca su Banca Generali, il risiko bancario ora si può concentrare soltanto sull’altra offerta, quella lanciata dal Monte dei Paschi di Siena sulla stessa Mediobanca. Da qui alla scadenza dell’8 settembre, data ultima per consegnare le azioni, mancano soltanto dieci giorni di contrattazioni di Borsa. E la strada sembra essere in discesa.

I PASSAGGI

Il 12 agosto scorso Delfin ha avuto l’autorizzazione della Banca Centrale europea a salire nel capitale di Mps fino al 19,9 per cento. Un passaggio necessario perché, una volta conferito, come del resto ha già fatto, il proprio pacchetto di azioni Mediobanca all’offerta lanciata da Siena, si troverà, a seconda dei risultati, a ridosso di quella soglia. Luigi Lovaglio, il ceo del Monte dei Paschi, ha fissato il limite minimo per poter dichiarare il successo dell’offerta al 35 per cento del capitale di Mediobanca. Per ora ne ha già raccolto quasi il 20 per cento, e il voto di ieri all’assemblea di Piazzetta Cuccia, lascia presagire che la soglia minima possa essere agevolmente superata.

E proprio sul destino di Nagel, in caso di successo dell’offerta di Siena, l’ad di Montepaschi Luigi Lovaglio è stato molto chiaro. Intervistato da Bloomberg, aveva spiegato che avrebbe cercato un nuovo manager per la guida di Piazzetta Cuccia. «Una figura», aveva detto, «brillante e internazionale, un profilo eccellente» che «saprà legare il team intorno a lui». Chiusa un’epoca per Mediobanca, se ne aprirà immediatamente un’altra.


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