Tra il dire e il fare, sul fine vita, c’è di mezzo un comitato ristretto. Ovvero, il gruppo di lavoro avviato a dicembre dalle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato per produrre un testo base condiviso. Dopo settimane di stallo — nelle quali, nel frattempo, il governo ha impugnato la legge regionale della Toscana — il comitato è tornato a riunirsi ieri, sulla scia dei migliori auspici. Almeno stando alle dichiarazioni rilasciate da uno dei relatori, Pierantonio Zanettin, che all’Ansa venerdì prospettava la presentazione di un testo unificato che potesse diventare il punto di partenza rispetto alle sei proposte già depositate. E invece bisognerà attendere ancora. «Nessuno ha annunciato un testo base. Il testo base non c’è», spiega alla fine della seduta il presidente della commissione Affari sociali, il meloniano Francesco Zaffini. In compenso, però, ci sono «due nodi» da sciogliere che il centrodestra ha consegnato ai relatori. Il primo, ben noto, è quello delle cure palliative e della difficoltà di garantirle in tutte le Regioni. Il secondo, più politico, è inedito: alcuni esponenti della maggioranza, a partire da FdI, vorrebbero evitare, o quantomeno limitare, il coinvolgimento del Sistema sanitario nazionale. Con un ruolo maggiore per le famiglie e i privati. Un orientamento non esattamente in linea con il monito della Consulta. Che, proprio ieri, è tornata a ribadire l’auspicio che il «legislatore», ma anche «il Servizio sanitario nazionale» intervengano «prontamente» per dare attuazione alla sentenza del 2019.
LA RIUNIONE
La riunione del comitato inizia alle 11 in punto. Ma, dopo poco più di mezz’ora, c’è già chi decide di disertare. Abbandona i lavori la senatrice di Avs, Ilaria Cucchi («la destra sta prendendo in giro il Parlamento») e, a ruota, il dem Alfredo Bazoli, che dà una versione simile: «Che senso ha continuare con il comitato ristretto? Si torni in commissione», dice il dem ai cronisti, ricordando che sul suo testo sono già state raccolte le firme di un terzo dei senatori che consentono l’approdo in Aula con una corsia preferenziale. Approdo che, almeno sulla carta, è stato fissato nella settimana dal 14 luglio. Quanto ai nodi da sciogliere, aggiunge il dem, «la maggioranza non è entrata nel merito». Non lo farà nemmeno a margine della seduta. Anche se il capogruppo di Fi, Maurizio Gasparri, conferma la riflessione in corso sulle cure palliative «che non sono offerte a tutti nello stesso modo». Zaffini, invece, pur mantenendo il riserbo sui temi di confronto interni al centrodestra («non ve li dico»), riferisce della volontà di «andare a tappe ancora più accelerate» per trovare la «massima condivisione possibile» in vista delle scadenze per l’Aula. Al contrario, «andremo ognuno con il suo testo e ovviamente le regole della democrazia fanno facilmente prevedere come andrà a finire». Se il meloniano ribadisce che il comitato sarà convocato «ogni settimana o al massimo ogni 15 giorni», per Gasparri il testo da produrre sarà «rispettoso delle sentenze». «L’obiettivo è il testo base, poi se non ci si riesce in Comitato ristretto si torna in Commissione come ha chiesto Bazoli», gli fa eco Zanettin. Che, insieme all’altro relatore, Ignazio Zurlo, in quota FdI, dovrà sbrogliare non solo il nodo delle cure palliative — tra la volontà di renderle obbligatorie e le risorse per farlo — ma anche il nuovo cruccio che impensierisce il centrodestra, relativo al ruolo che dovrà svolgere il Ssn. Con tutte le implicazioni per gli attori da coinvolgere in assenza di quello pubblico. Ma forse, per decidere, bisognerà tenere in conto anche l’ultima sentenza della Consulta che, oltre a mettere l’accento sulla mancanza di un «accesso universale alle cure palliative», ha lanciato un nuovo monito diretto sia al legislatore che al sistema sanitario nazionale. In attesa di un testo condiviso, ai disegni di legge già presentati, si potrebbe aggiungere anche quello di Noi moderati, a prima firma di Mariastella Gelmini: «Chiediamo che venga abbinato ai testi già all’attenzione della Commissione», dice la senatrice di Nm, contrario a una legge che introduce il suicidio assistito, ma dell’idea che sia necessario tracciare il perimetro delle eccezioni da depenalizzare, a partire dalle indicazioni della Consulta. «Abbiamo tempo due mesi», dice a mezza bocca un senatore. Ma resta ancora un’unica domanda, quella che ritorna, da anni, dopo il caso Englaro: fine vita mai?
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