Ora basta. Antonio Tajani lancia un messaggio a Benjamin Netanyahu: «Basta bombardamenti sulla Striscia, serve un cessate-il-fuoco immediato». Il vicepremier e ministro degli Esteri parla al Messaggero dal volo di ritorno da Bruxelles. Sono passate poche ore dagli spari dell’esercito israeliano a Jenin di fronte a una delegazione di diplomatici. Con loro il viceconsole italiano.
Ministro qual è la vostra risposta agli spari di Jenin?
«Abbiamo convocato l’ambasciatore israeliano a Roma e chiesto chiarimenti. È inaccettabile usare le armi con una delegazione di diplomatici, lo è anche sostenere che la delegazione aveva sbagliato strada. Israele era stato informato dei loro movimenti».
Come ha saputo?
«Ero in viaggio con il presidente Mattarella, l’ho subito messo al corrente, poi ho chiamato Meloni. È inaccettabile, una violazione aperta del diritto internazionale. I diplomatici non si toccano».
Netanyahu ha passato il segno?
«La nostra posizione è chiara. I bombardamenti devono fermarsi, serve un cessate-il-fuoco immediato e la liberazione degli ostaggi da Hamas, che deve uscire da Gaza: l’unico attore che riconosciamo è l’Autorità nazionale palestinese».
Condannate Netanyahu?
«Il dissenso italiano è nei fatti. Netanyahu deve fermare i raid sulla Striscia e ripristinare gli aiuti umanitari. Oggi (ieri, ndr) abbiamo votato la risoluzione dell’Oms che chiede di terminare l’emergenza sanitaria a Gaza. È fondamentale che le condizioni sanitarie rispettino gli standard internazionali e anche di questo stiamo discutendo con Israele».
Le opposizioni vi accusano di restare in silenzio.
«Demagogia. Rispondiamo con i fatti. L’Italia sostiene la soluzione proposta dall’Egitto e dai Paesi arabi per ricostruire la Striscia senza sfollare la popolazione. Abbiamo prorogato lo stato di emergenza per Gaza, stanziato nuovi fondi, martedì abbiamo fatto uscire dalla Striscia 52 palestinesi».
Anche la proposta di Trump prevede la deportazione.
«La deportazione non è un’opzione. Nessun Paese arabo la accetterebbe. Noi siamo per due popoli e due Stati».
Quindi l’Italia riconoscerà lo Stato palestinese?
«Certo, ma senza Hamas. E deve arrivare al culmine di un processo negoziale con Israele in cui i due Stati si riconoscano reciprocamente. Altrimenti si tratterebbe di azioni dimostrative».
È in corso un genocidio?
«C’è un’evidente violazione del diritto internazionale umanitario. Israele è un Paese amico e perciò lo diciamo chiaramente: basta bombardamenti. Mentre Hamas deve liberare tutti gli ostaggi: hanno scatenato loro questa guerra sulla pelle del loro popolo. Oggi Hamas è stata sconfitta».
L’Ue vuole rivedere l’accordo di associazione con Tel Aviv, l’Italia vota no. Che succede?
«Con noi hanno votato no dieci Paesi, inclusa la Germania. Diciassette a dieci».
Food for Gaza ripartirà?
«È pronta a ripartire, gli israeliani nei prossimi giorni faranno entrare le derrate italiane, ora ferme nel porto di Ashdod. Abbiamo il sostegno di israeliani e palestinesi, li distribuiamo con il Programma alimentare mondiale (Pam) e non passiamo per l’Urnwa».
Netanyahu è ricercato dalla Corte dell’Aia. Se venisse qui sarebbe arrestato?
«Da un punto di vista giuridico è difficile arrestare un capo di governo. Verrebbe con la sua sicurezza, volete un conflitto a fuoco tra Mossad e Carabinieri? Stiamo parlando di un esercizio teorico».
Poi c’è la guerra in Ucraina. Il Vaticano può sbloccare lo stallo?
«La mediazione vaticana può essere determinante. Sono scettico invece sulla volontà di Putin di chiudere in tempi brevi la guerra. Tutti speriamo in un cessate-il-fuoco ma la Russia sta prendendo tempo».
Perché?
«Putin ha un milione di militari in guerra. Li paga il doppio di un operaio. L’intera industria russa è riconvertita alla Difesa, se finisce la guerra il Paese rischia una crisi economica ancora più grave»
Trump sbaglia a fidarsi di lui?
«Ogni sforzo per la pace è benvenuto e noi sosteniamo in pieno la mediazione americana. Ora però la palla è nel campo russo».
C’è un altro americano in campo: papa Leone XIV. Quando ci sarà il negoziato in Vaticano?
«Spero il prima possibile. Ma non possiamo essere superficiali. All’intronizzazione il Papa ha fatto un discorso altissimo sulla pace cristiana, sono convinto che avrà un ruolo importante».
Zelensky dovrà cedere i territori occupati?
«Saranno russi e ucraini a trattare sui territori. È fondamentale che l’Europa stia al tavolo. Abbiamo inflitto le sanzioni alla Russia e dobbiamo avere garanzie per toglierle. Non si tratta di mortificare un Paese ma di difendere il diritto internazionale violato da Mosca».
Il summit di Tirana senza l’Italia ha fatto discutere. Macron prova a isolare Meloni?
«L’Italia non è mai stata esclusa, siamo considerati da tutti interlocutori chiave, a partire dagli Stati Uniti, da Merz e Starmer. Meloni e Macron poi si sono sentiti…».
Quindi non temete sgambetti francesi?
«Non si può fare a meno dell’Italia. Siamo la seconda manifattura d’Europa, la quinta potenza commerciale al mondo. Surreale provare a escluderci».
A luglio la conferenza sulla ricostruzione a Roma. Dopo la tregua?
«Mi auguro prima ci sia un cessate-il-fuoco, poi la tregua e infine la pace. La conferenza di Roma sarà un grande evento che coinvolgerà le più grandi aziende italiane e straniere nella ricostruzione dell’Ucraina. Siamo ottimisti ma dobbiamo anche restare razionali. Ci attendono settimane complesse».
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