Non sarà più la via della Seta ma per Italia e Cina la «strada da fare insieme», secondo Giorgia Meloni, può essere ancora «molta». A patto che si lastrichi il percorso con «determinazione, concretezza, e rispetto reciproco». Al suo esordio nella Grande sala del popolo di Pechino, cuore della politica comunista cinese, la premier ieri ha incontrato per un bilaterale il suo omologo Qi Lian, siglando un piano d’azione triennale (2024-2027) pensato proprio per «aprire un nuovo capitolo delle nostre relazioni» e, nelle parole di Meloni, «per sperimentare nuove forme di cooperazione». Un progetto ambizioso in una fase storica segnata dal rapido mutamento degli assetti internazionali (e dai loro «effetti collaterali», specie sulle catene di approvvigionamento globali) basata su sei diverse intese relative alla tutela delle indicazioni geografiche, alla sicurezza alimentare, all’ambiente, all’istruzione e a «settori industriali strategici come la mobilità elettrica e le rinnovabili». In attesa di palesarne il contenuto, nell’incontro di oggi con il presidente Xi Jinping nella vecchia dimora imperiale di Diaoyutai, la premier ha quindi inaugurato con un breve discorso il settimo business forum Italia-Cina, alla presenza di oltre cento aziende e associazioni di categoria.
PROGRESSIVO BILANCIAMENTO
«Non possiamo però nascondere il problema del forte squilibrio con un importante deficit per l’Italia — ha però rimarcato Meloni, ribadendo il concetto di una maggiore equità anche durante il bilaterale con Li Qiang — Si tratta di una questione di grande rilevanza che dobbiamo affrontare insieme e portare verso un progressivo bilanciamento». Oggi infatti, gli investimenti cinesi in Italia corrispondono a quasi un terzo di quelli italiani nell’enorme Paese asiatico che conta poco più di un miliardo e quattrocento milioni di abitanti. «Chi trova un amico trova un tesoro» ha scandito l’esponente del partito comunista cinese interessato soprattutto alla possibilità di produrre veicoli elettrici nella Penisola per poter aggirare i dazi imposti dall’Unione europea, al punto da garantire la volontà di aprire «ulteriormente le sue porte» alle aziende italiane e di altri paesi, attraverso «un ambiente istituzionale trasparente, stabile e prevedibile» e capace di fornire «maggiore supporto e agevolazioni» a chi vorrà investire nel paese del Dragone.
LE LINEE GUIDE
Promesse utili a rassicurare Roma, che ha chiesto apertamente di «promuovere la capacità di competere», «liberare il potenziale del settore privato» e — ancora una volta — «tenere presente l’esigenza della proporzionalità». In altri termini indicando le linee guida lungo cui far crescere una cooperazione già impostata dai viaggi dei ministri Antonio Tajani e Adolfo Urso, e «generalmente ispirata a questi principi».
L’idea italiana è, ha ribadito Meloni, che tutti giochino «secondo le regole» perché «se vogliamo un mercato libero, quel mercato deve essere anche equo». Un po’ come nel rapporto impostato da Roma con i Paesi africani coinvolti nel Piano Mattei. Richieste che però, non sono unidirezionali. Come avvertono sia Li Qiang che il Global Times, quotidiano del partito comunista in lingua inglese, il governo italiano deve dimostrare «sincerità e onestà» nel cooperare con la Cina «e nel gestire in modo efficace le differenze, in particolare nei colloqui sui dazi alle auto elettriche».
LE DUE RICORRENZE
Venirsi incontro insomma, lasciandosi alle spalle l’addio italiano alla via della Seta, comunque citata a più riprese dal premier cinese. «Porsi questo obiettivo — la tesi di Meloni — è anche il modo più serio e concreto di celebrare le due ricorrenze che cadono proprio quest’anno: il XX anniversario del nostro Partenariato Strategico Globale e i 700 anni dalla scomparsa di Marco Polo a cui dobbiamo le fondamenta più profonde nei legami tra i nostri popoli». E proprio dell’esploratore la premier si occuperà oggi inaugurando al Millennium Museum la mostra “Viaggio di Conoscenze. Il Milione di Marco Polo e la sua eredità tra Oriente e Occidente”, prima dell’incontro con Xi e con il presidente dell’Assemblea del popolo cinese Zhao Leji.
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