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Meloni da Mattarella: nessun attacco al Colle. Fdi: «Il caso è chiuso»


Dopo le ombre, la schiarita. Quirinale, tarda mattinata. Dura venti minuti il confronto a tu per tu tra Giorgia Meloni e Sergio Mattarella. Serve ad archiviare le tensioni tra apparati dello Stato arrivate a un passo dallo scontro aperto. Prima le parole del consigliere del Colle Francesco Saverio Garofani, l’auspicio di un «provvidenziale scossone» al governo confidato durante una cena e riportato in un articolo de La Verità. Poi le accuse di Fratelli d’Italia, con il capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami, la richiesta di smentita, la dura replica del Quirinale. Meloni rompe gli indugi di prima mattina.

IL CHIARIMENTO

Alza il telefono, chiede lei un incontro al Capo dello Stato. E fa diramare a stretto giro, appena uscita dal breve rendez-vous, una nota di fonti di Palazzo Chigi. Da un lato lo staff della presidente del Consiglio ribadisce «la sintonia istituzionale che esiste tra Palazzo Chigi e il Quirinale, mai venuta meno fin dall’insediamento di questo governo e della quale nessuno ha mai dubitato». E ci tiene a rimarcare, Meloni, che «non esiste alcuno scontro istituzionale». Dall’altro però tiene il punto. Esprime «rammarico» per le parole «istituzionalmente inopportune» pronunciate da Garofani. Spiega che sarebbe stata opportuna , questa sì, una smentita del diretto interessato, «un modo per circoscrivere al suo ambito reale la vicenda, anche a tutela del Quirinale» e non «un attacco».

Insomma Meloni si aspettava un segnale — è la tesi difesa anche dopo il vis-a-vis con Mattarella — per «fugare ogni ipotesi di scontro tra due istituzioni che invece collaborano per il bene della nazione». Caso risolto? Anche dal Colle, nel pomeriggio, arrivano segnali distensivi. Quasi a voler chiudere in fretta una parentesi di tensioni con effetti imponderabili sui rapporti fra apparati dello Stato. Peraltro alla vigilia di mesi delicatissimi che richiederanno un filo diretto. Dalla riforma della giustizia pronta al test del referendum in primavera fino al cantiere della legge elettorale che da sempre vede nel Quirinale un arbitro attento.

Man mano che le ore passano gli sherpa entrano in azione. Dal governo ad esempio fanno sapere che il colloquio di venti minuti fra Meloni e Mattarella non è stato fagocitato del tutto dal “Garofani-gate”. C’è stato tempo per discutere «dei molti dossier internazionali aperti in vista della partecipazione della presidente del Consiglio al G20 di Johannesburg e alla conferenza Unione Europea-Unione Africana in Angola». Tradotto: si riparte.

Fin qui il confronto istituzionale. Poi c’è la politica che invece sull’incidente governo-Colle si scalda e si fa sentire. Le opposizioni puntano il dito contro la premier e il centrodestra. Duro l’affondo della segretaria del Pd Elly Schlein da Mestre, in campagna elettorale per il Veneto: «Doveroso il passaggio di Giorgia Meloni al Quirinale dopo l’attacco scomposto di ieri, la smettano di vedere complotti dove non ce ne sono e si occupino della condizione economica di questo Paese con i dati della Commissione europea che purtroppo raccontano l’Italia fanalino di coda in Europa sulla crescita». Mentre il presidente dei Cinque Stelle Giuseppe Conte denuncia un’operazione “distrazione” del governo. «Fanno di tutto, in particolare Fratelli d’Italia, per distrarre l’attenzione, una volta si inventano una guerra contro i giudici, un’altra una guerra contro il Quirinale». Perfino la Cei scende in campo e dice la sua con il presidente Matteo Zuppi: «I vescovi attendono che equilibrio, dialogo, rispetto, e qualcosa di più del fair play istituzionale, siano sempre garantiti, specialmente in un momento come questo».

E a destra? Dalla Lega quasi nessuno esce allo scoperto. Mentre fin dal mattino in Fratelli d’Italia fanno scudo a Bignami, il presidente dei deputati che per primo ha chiesto al Colle di prendere le distanze da Garofani. .

LA DE-ESCALATION

Poi, nel tardo pomeriggio, quando le acque si sono calmate e Meloni ha smentito l’esistenza di uno scontro istituzionale, il passo di lato. Nelle agenzie atterra una nota congiunta dei capigruppo di Fratelli d’Italia alla Camera e al Senato, Bignami e Lucio Malan, chiude il caso. Su indicazione diretta della leader. Dopo il colloquio al Colle, mettono a verbale i colonnelli di Meloni in Parlamento, «FdI ritiene la questione chiusa e no reputa di aggiungere altro». E ancora: «Rinnoviamo la stima nel presidente Mattarella e l’apprezzamento per la sintonia istituzionale tra il Quirinale e Palazzo Chigi».

La de-escalation si estende alle altre forze alleate. Smorza i toni Antonio Tajani, vicepremier e leader di Forza Italia, circoscrive il caso Garofani a un incidente isolato: «Non c’è stato nessun attacco al Quirinale, la polemica è stata con un consigliere del Quirinale».


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