29.09.2025
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Politics

Meloni all’Onu, perché ha parlato di giudici, Green Deal e migranti? Il discorso è quasi un mini-programma di governo


Giudici, migranti e Green Deal: il discorso di Giorgia Meloni davanti l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha assunto i tratti di un mini-programma per l’ultimo anno e mezzo di governo. Dal podio dell’Onu, la premier ha centrato il suo intervento su tre temi che hanno segnato il suo mandato fin dall’inizio: dalla gestione dei flussi migratori, rapporto con la magistratura e la transizione verde. Sul fronte delle migrazioni, Meloni ha definito “non più attuali” le convenzioni internazionali su asilo e protezione, nate “in un’epoca nella quale non esistevano le migrazioni irregolari di massa, e non esistevano i trafficanti di esseri umani”.

L’intervento

Secondo la premier, queste convenzioni “vengono interpretate in modo ideologico” da “magistrature politicizzate” e finiscono per “calpestare il diritto, invece di affermarlo”. Un richiamo che si inserisce nel solco di precedenti scontri tra governo e magistratura, come quello con il Tribunale di Roma sulla procedura di frontiera nei centri in Albania, che ne ha di fatto, dopo l’intervento della Corte Ue impedito l’utilizzo originario voluto dal governo.  Per Meloni, infatti, è necessario aggiornare le norme per “costruire un sistema che sia al passo con i tempi”, capace di “tutelare i diritti umani fondamentali” ma anche di consentire “a ogni Nazione di proteggere i propri cittadini e i propri confini”.

Ha poi invitato la comunità internazionale a unirsi “nel contrastare il fenomeno del traffico di esseri umani”.

Ampio spazio è stato riservato anche al Green Deal. Meloni ha criticato “la riconversione di interi settori produttivi sulla base di teorie che non tengono conto dei bisogni e delle disponibilità economiche delle persone”, definendola una scelta che “provoca sofferenze nei ceti sociali più deboli e fa scivolare la classe media verso il basso, imponendo consumi non razionali”. Ha precisato che “non si tratta di negare il cambiamento climatico”, ma di riconoscere che “la creazione a tavolino di modelli di produzione insostenibili, come i piani verdi in Europa e in Occidente, stanno portando alla deindustrializzazione molto prima che alla decarbonizzazione”. Secondo la premier, è fondamentale “rispettare l’ambiente mantenendo l’uomo al centro, perché ci sono voluti secoli per costruire i nostri sistemi, ma bastano pochi decenni per ritrovarsi nel deserto industriale”. E come possibile soluzione, Meloni ha rilanciato a livello internazionale il Piano Mattei in Africa, annunciando la conversione di 235 milioni di debito in dieci anni in progetti di sviluppo locale. “Non ci interessa sfruttare il continente africano per le ricchissime materie prime che possiede – ha detto – ci interessa invece che l’Africa prosperi processando le sue risorse, dando lavoro e prospettiva alle sue energie migliori, potendo contare su governi stabili e società dinamiche e sicure”.


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