22.06.2025
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Economy

Mediobanca rinvia su B. Generali. Nagel sente l’odore della sconfitta


A pochissime ore da un’assemblea che, con ormai altissime probabilità avrebbe determinato la loro sconfitta, Alberto Nagel e un gruppo di consiglieri di Mediobanca hanno deciso di salvare se stessi buttando la palla in calcio d’angolo. Un consiglio di amministrazione straordinario convocato solo nella mattinata di ieri, quando ormai i giochi sembravano fatti e a sfavore dell’amministratore delegato di Mediobanca, il board di Piazzetta Cuccia ha deciso di rinviare l’assemblea prevista per le dieci di questa mattina di ben tre mesi, al 25 settembre. L’assemblea, è bene ricordarlo, era stata convocata perché i vertici di Mediobanca avevano deciso di provare a contrastare l’Offerta pubblica di scambio lanciata dal Monte dei Paschi di Siena proponendo alle Assicurazioni Generali uno scambio. Un’offerta da 6,2 miliardi di euro da pagare in azioni delle stesse Generali detenute da Mediobanca, in cambio del gioiellino del Wealth management del Leone di Trieste, vale a dire la quota di maggioranza di Banca Generali. Una mossa difensiva per contrastare l’offerta di Mps, una classica “poison pill”, una cosiddetta pillola avvelenata, che però per essere messa in atto avrebbe avuto bisogno di una approvazione dall’assemblea degli azionisti. Ma, secondo primarie fonti di mercato questo consenso, questa mattina, Nagel non lo avrebbe molto probabilmente ricevuto. Le stesse fonti rappresentano come in assemblea ci sarebbe stata un’affluenza molto alta, l’81 per cento del capitale di Mediobanca. Un quorum che, da un certo punto di vista, avrebbe costituito una vittoria della democrazia assembleare e del mercato. Solo che l’esito non sarebbe stato, molto probabilmente, quello gradito ai vertici di Piazzetta Cuccia. Secondo le previsioni degli osservatori, il responso finale avrebbe portato alla bocciatura dell’operazione di scambio delle azioni delle Assicurazioni Generali per il controllo di Banca Generali, con una maggioranza del 46 per cento contro un 35 per cento di favorevoli. A quel punto la strategia di Nagel sarebbe risultata perdente, e il manager non avrebbe avuto altra via che prenderne atto e rassegnare le dimissioni. La decisione del consiglio di amministrazione di ieri lo salva in extremis, rimandando di tre mesi il redde rationem e rendendo evidente a tutti il conflitto di interessi del manager. Una mossa che crea ulteriore incertezza a scapito del mercato. 

IL NODO TUF

Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Adnkronos, fonti legali vicine al dossier avrebbero sottolineato come un eventuale rinvio dell’assemblea straordinaria da parte del board di Mediobanca potrebbe determinare la decadenza dell’offerta su Banca Generali. Il rinvio, infatti, comporterebbe una modifica sostanziale del quadro informativo delineato ai sensi dell’articolo 102 del Tuf (Testo Unico della Finanza). Le stesse fonti hanno sottolineato che in questo scenario anche le Assicurazioni Generali dovrebbero interrompere le eventuali trattative in corso. La prosecuzione delle negoziazioni, in un contesto caratterizzato da incertezza formale e informativa, rischierebbe infatti di configurare un’ipotesi di opacità informativa, con possibili profili di manipolazione del mercato stesso. Si vedrà. 

LA TEMPISTICA

Quello che è certo che la decisione di un rinvio dell’assemblea avrebbe potuto essere presa prima, in risposta alla richiesta presentata dieci giorni fa dall’azionista VM2006, una società del gruppo Caltagirone, che aveva lamentato l’impossibilità di deliberare sull’Ops Banca Generali, vista l’assoluta mancanza assoluta di informazioni sugli accordi tra le Generali stesse, Mediobanca e Banca Generali, su come poi avrebbe potuto svilupparsi il cruciale settore del Wealth management dopo il trasferimento. A quella richiesta fonti di Mediobanca, riportate dall’Ansa, avevano sprezzantemente risposto che «procedere con la convocazione dell’Assemblea degli azionisti prima della negoziazione degli accordi distributivi, processo che potrebbe richiedere mesi di lavoro, è una scelta fatta nell’esclusivo interesse alla trasparenza nei confronti del mercato, delle autorità di vigilanza e della controparte». Una dichiarazione che oggi appare scritta sull’acqua.

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