ROMA Ci sono cornici che parlano più del quadro. Sarà un caso, ma fa un certo effetto vedere Antonio Tajani, nel pomeriggio del grande can-can europeo e del voto contrario di Fratelli d’Italia all’Ursula-bis, discorrere di Europa al fianco di Enrico Letta e Romano Prodi, che l’Europa l’ha guidata proprio come von der Leyen. «L’elezione di Roberta Metsola e di Ursula von der Leyen sono un messaggio rassicurante per i mercati e di istituzioni che, di fronte a difficoltà internazionali, hanno deciso di offrire un progetto di stabilità». L’ex premier e il padre nobile della sinistra italiana annuiscono.
LE INTESE
Si ritrovano a discutere all’Auditorium Seebay, nelle Marche, due volti notissimi delle larghe intese europeiste che ieri hanno avuto la meglio, all’Europarlamento. Tajani rivendica il responso dell’emiciclo di Strasburgo, la rielezione della collega popolare “Ursula”, sebbene in molti, dei franchi tiratori che hanno provato a impallinarla, siano proprio sospetti colleghi del Ppe. Se le cose fossero andate diversamente, riflette a caldo il segretario di Forza Italia, se avesse prevalso il no scandito anche da Fratelli d’Italia fra gli scranni europei, «avremmo creato il caos».
È rincuorato, il vicepremier, dallo scampato pericolo della presidente popolare per cui molto si è speso negli ultimi mesi, forte della sua esperienza da presidente dell’Eurocamera e commissario Ue. E tuttavia non nasconde con chi gli è vicino la delusione per lo strappo nel centrodestra. La decisione della premier Giorgia Meloni, presa al fotofinish, di mostrare un pollice verso alla leader dell’esecutivo europeo. Dice Tajani, ed è un messaggio rivolto soprattutto alla Lega e i “patrioti euroscettici” di Le Pen e Orban ma anche ai meloniani: «Ci sono forze politiche in Ue che, in quanto in totale contrasto con quello che pensa la maggioranza dei parlamentari, sono politicamente ininfluenti».
Parole pesate e pesantissime. Una stoccata, si diceva, soprattutto al Carroccio e a Matteo Salvini con cui va in scena ormai da tempo immemore un duello sul fil di spada, dall’Ue ai tanti dossier del governo. Anche se fra le righe il vicepremier prende le distanze dalla scelta di FdI, il niet pronunciato allo scadere del gong contro la rielezione di Ursula. Ancora il vicepremier: «In Europa «le maggioranze sono variabili: se si trovano punti d’accordo si fanno, con socialisti, conservatori, liberali. Dobbiamo essere pragmatici. Non possiamo, in nome di presupposte identità, bloccare il funzionamento della macchina»
Raccontano di una lunga e paziente moral suasion di Tajani nei confronti di Meloni. Andata in scena settimane prima del voto sui top jobs europei e ripetuta con una telefonata accorata della vigilia, la sera. «Giorgia,vi conviene votare a favore», il senso della strigliata del forzista. Ieri mattina lei, la premier, lo ha avvisato di avere deciso diversamente. Per Tajani, si diceva, è una delusione.
Si fregia da tempo di rappresentare l’ala destra del Ppe, veste i panni del mediatore con i Conservatori europei con cui invece una parte dei Popolari non vuole parlare. «Allarga a destra», è il consiglio ripetuto a spron battuto a von der Leyen nelle ultime settimane. E invece la tedesca ha fatto l’opposto, pronunciando in aula — per rastrellare i voti dei Verdi — un discorso-manifesto della sinistra europea. Nel caos però Tajani scorge un’occasione. «In Europa c’è la garanzia di Forza Italia, di una forza politica seria, affidabile, credibile, responsabile — sostiene di fronte ai cronisti — su cui tutti possono contare». E no — mette le mani avanti — non ci sarà «alcuna ricaduta interna» sulla tenuta del governo. Chissà.
IL BILANCIO
Intanto stringe la lente sulla creatura politica del Cavaliere, Tajani, e guarda al bicchiere mezzo pieno. Da un lato il testo delle urne europee superato oltre le aspettative, grazie anche all’asse con Maurizio Lupi e Noi Moderati. Dall’altro la certezza di altri cinque anni di una Commissione europea a guida popolare, quanto basta per restare al centro dello spettro politico e avere un filo direttissimo con chi prende le decisioni a Bruxelles.
Non è poco, per un partito che non sempre naviga in acque tranquille. La doppia sortita mediatica di Marina e Pier Silvio Berlusconi — la prima in difesa dei diritti civili, il secondo a sognare «un partito all’attacco» che arrivi «al 20 per cento» — ha lasciato qualche malumore nella pattuglia azzurra. Non sarà una discesa in campo degli eredi del Cav, di certo però il verbo di casa Berlusconi fa discutere e interrogare le truppe parlamentari azzurre. Tajani nega tensioni con la real casa e sorride guardando lo scenario europeo. «Abbiamo dimostrato che Forza Italia conta in Europa e grazie a Forza Italia l’Italia conta in Europa» afferma con toni trionfalistici sui social in serata, mentre si spengono le luci sulla giornata del caos europeo.
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