NEW YORK — Ricordate il One more thing con il quale Steve Jobs presentava il prodotto più atteso di Apple? Nella maggior parte dei casi si trattava di un dispositivo, un nuovo iPhone, iPod, Mac o iPad. Oggi siamo invece di fronte a un profondo cambiamento di paradigma. L’ultima conferenza degli sviluppatori di Apple, iniziata il 10 giugno a Cupertino, è forse stato il momento più chiaro di questa trasformazione, in un momento difficile per il gruppo: da una parte c’è la diminuzione delle vendite di iPhone, dall’altra ci sono le minacce dell’Unione Europea che secondo alcune fonti anonime vicine all’antitrust di Bruxelles vorrebbe chiede ad Apple un miliardo di euro al giorno per aver violato le norme comunitarie sulla concorrenza.
L’elemento centrale della presentazione, infatti, è stata una delle cose più immateriali mai pensate dai colossi tech: Apple è entrata nel settore dell’intelligenza artificiale con Apple Intelligence, un nuovo approccio al mondo dell’IA, più personale e più protetto (la promessa è che i nostri dati non saranno condivisi con altre aziende né usati in modo improprio). L’esempio di Apple rappresenta una rivoluzione che porta le aziende tecnologiche da un approccio incentrato sui dispositivi — la gara allo smartphone più innovativo, più bello, più veloce — verso uno più immateriale, dove il software e il sistema operativo diventano il vero oggetto del desiderio. Non è certo solo Apple a seguire questa strada, anzi storicamente Cupertino arriva quando il mercato è abbastanza maturo per poter essere conquistato. Ci sono diversi esempi: a gennaio Samsung ha lanciato Galaxy AI, il nuovo progetto di intelligenza artificiale generale che partendo dai nuovi Galaxy S24 sarà disponibile su tutti gli altri dispositivi del gruppo sudcoreano. La stessa questione vale per Google e per Microsoft — aziende storicamente più legate al mondo dei software e meno a quello dei prodotti — che nell’ultimo anno, da quando OpenAI si è inventata un nuovo mercato presentando ChatGPT, hanno puntato quasi solo sull’IA: Google con il modello Gemini e una serie di servizi costruiti attorno a esso, Microsoft con Copilot e con un investimento da 11 miliardi di dollari proprio in OpenAI, con i quali ne controlla il 49%.
Per capire come questa rivoluzione sta avvenendo è fondamentale guardare i numeri: quest’anno Google prevede di spendere 12 miliardi di dollari in intelligenza artificiale per ogni trimestre, Meta ha appena alzato il denaro che intende mettere nel settore di 10 miliardi nel 2024, mentre Microsoft ha speso 14 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre e prevede di aumentare questa voce «notevolmente». Questo non significa che l’era degli smartphone sia arrivata alla sua fine, come già nel 2022 un lungo articolo di The Verge spiegava: «Le aziende tech hanno promesso Alexa, Quest Pro, Hololens, il metaverso e molte altre cose che avrebbero alla fine distrutto il mercato degli smartphone», si legge nell’analisi in cui si sottolinea come in realtà i telefoni sono ancora «la migliore cosa che abbiamo». E quello che sta succedendo con la rivoluzione AI potrebbe essere una conferma di questo approccio: lo smartphone resterà, ma non sarà più l’oggetto del desiderio, che invece sarà il servizio con il quale avere accesso al migliore modello di IA. Avremo infatti l’IA nelle nostre tasche e di certo presteremo più attenzione al servizio che al prodotto. «Ci stiamo spostando nell’era degli smartphone intelligenti, quindi possiamo dire che stiamo passando da smart a intelligent», ha detto a Cnet Nabila Popal, una ricercatrice di International Data Corporation.
Un altro dato che mostra come l’attenzione sia concentrata su questa rivoluzione verso un settore sempre più immateriale sono i pessimi risultati nelle vendite di Ai Pin, il dispositivo indossabile di Humane che avrebbe dovuto sostituire gli smartphone. La startup si attendeva almeno 100.000 ordinazioni e invece ne ha ricevute solo 10.000, un altro segnale che se quello che conta è il software, il dispositivo sul quale il servizio viene fatto lavorare è molto meno rilevante rispetto al passato. «Stiamo costruendo l’IA per il resto di noi», ha detto la settimana scorsa il senior vice president of Software Engineering di Apple, Craig Federighi. E se l’abbonamento a un servizio diventa l’elemento più importante, allora la promessa di Apple di difendere la nostra privacy e di portare senza costi aggiuntivi ChatGPT su tutti i prodotti — oggi la sua versione Plus costa 20 dollari al mese — sembrerebbe una via molto interessante per mantenere i consumatori e conquistare potenziali nuovi clienti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this