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Come è possibile allineare gli obiettivi climatici alle esigenze di benessere delle persone?
«Cosa significa oggi vivere bene? La nostra risposta è che una vita felice non passi dal consumo, ma da un forte rafforzamento delle relazioni sociali, andando a soddisfare i bisogni fisiologici delle persone, senza eccessi», spiega Alessandro Galli, direttore della ricerca dell’Hot or Cool Institute, think tank di Berlino che ha appena redatto il rapporto A Climate for sufficiency: 1.5-Degree Lifestyles 2025. Viene introdotto il concetto di “approccio di sufficienza”. Quanto è “abbastanza” per uno stile di vita compatibile con il cambiamento climatico? Il report arriva a qualche settimana dall’avvio della Cop30, la Conferenza dell’Onu sul clima che si terrà in Brasile, a Belém, dal 10 al 21 novembre. L’obiettivo di riferimento è l’Accordo di Parigi, per cui l’aumento della temperatura media globale non deve superare 1,5°C entro la fine del secolo. Il punto di partenza dello studio è il calcolo dell’impronta di carbonio, cioè le emissioni legate allo stile di vita dei singoli Paesi. Ne sono stati presi in esame 25. L’impronta più elevata è quella degli Stati Uniti, le cui emissioni medie legate allo stile di vita sono 17 volte superiori a quelle necessarie per uno stile di vita in linea con l’Accordo di Parigi. Australia e il Canada superano rispettivamente di 12 e 11 volte l’obiettivo di 1,5 gradi. Per l’Italia sono otto volte, come per Germania, Portogallo e Corea del Sud. La media globale è di sette volte.
I PARAMETRI
Qualche indicazione pratica per stare nei parametri. Se prendiamo per esempio l’alimentazione, si suggerisce un massimo di 2.500 kilocalorie per persona al giorno (come da Eat-Lancet planetary diet), con una dieta più vegetale che animale. Quanto al trasporto, si calcola la percorrenza di 4.000-8.000 chilometri all’anno per persona, riducendo al massimo l’auto e aumentando l’uso di trasporto pubblico e mobilità attiva, come camminata e bici. E nell’armadio, secondo un’indagine dell’Istituto fatta nel 2022, dovrebbero starci non più di 74 articoli. «Guardiamo in maniera semplice le attività che l’individuo compie nel quotidiano: mangiare, spostarsi, avere una casa, consumare beni e servizi, svolgere attività ricreative e turistiche – riepiloga Galli – E verifichiamo quali sono le emissioni di gas serra legate a queste attività. Il mangiare, per esempio, si lega alla produzione, al trasporto e alla distribuzione degli alimenti. Se invece ci spostiamo, che mezzo utilizziamo? A piedi non produciamo emissioni, con l’autobus un po’, con l’auto privata di più». L’Italia è grosso modo allineata ad altri Paesi europei come Portogallo, Germania e Francia, salvo sfumature in alcuni parametri. «Questo perché stile di vita e consumi sono simili – aggiunge Galli – Comunque sia, il nostro stile di vita comporta emissioni otto volte maggiori a quelle che ci spetterebbero».

LA VALUTAZIONE
L’analisi ha introdotto due valori di riferimento: 1,5 e 1,7 gradi. «Non vogliamo in alcun modo proporre uno spostamento del target. L’ambizione e la necessità rimangono quelle di rientrare nel limite del grado e mezzo. Ma l’obiettivo – sottolinea Galli – sta sfuggendo di mano. Abbiamo inserito 1,7 gradi come riferimento intermedio tra i range di 1,5 e 2 gradi dell’Accordo di Parigi. Serve anche per illustrare lo spazio di manovra che si sta riducendo sempre più, per una lotta efficace ai cambiamenti climatici, e quindi l’urgenza di accelerare le attività di decarbonizzazione per garantire un futuro giusto/equo e vivibile. L’Accordo di Parigi prevedeva riduzioni delle emissioni di gas serra a livello globale già a partire dal 2015, ma in realtà sono aumentate». Per rimanere in linea – rileva l’Hot or Cool Institute – le emissioni globali legate allo stile di vita dovrebbero diminuire entro il 2035 dell’85%. Per i Paesi ad alto reddito, la cifra arriva al 94%. Lo scenario? «Per rientrare nel range di Parigi – osserva Galli – abbiamo bisogno di adottare un approccio di sufficiency, andare a ridurre i consumi tra ricchi e poveri del pianeta e anche migliorare le attività produttive. Abbiamo bisogno di un nuovo equilibrio tra ciò che vogliamo, ciò che ci serve davvero (e il modo in cui lo produciamo) e ciò che il pianeta può offrirci».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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