«Anche se faccio belle canzoni, le radio non mi passano: mi dicono che sono fuori target. Pazienza», fa spallucce Fiorella Mannoia. Figurarsi se una «combattente» — così si intitolava la canzone del 2016 — come lei si butta via. Se radio e piattaforme guardano ormai sempre di più al mondo di TikTok, a 71 anni la cantante romana annuncia un tour che nel 2026 la vedrà omaggiare i suoi fari di sempre Fabrizio De André e Ivano Fossati. Lo farà in occasione del trentennale di Anime salve, l’album del 1996 nato dalla collaborazione tra il cantautore genovese scomparso nel ’99 e Fossati. La tournée si intitola semplicemente Fiorella canta Fabrizio e Ivano — Anime salve e debutterà il 27 giugno da Genova e arriverà a Roma il 4 settembre, alla Cavea (biglietti in vendita da oggi).
Come nasce l’idea di questo tour, Mannoia?
«Il trentennale di Anime salve, l’ultimo disco pubblicato da Faber, mi sembrava l’occasione ideale per omaggiare come si deve due autori che fanno parte della mia storia, sia umana che artistica. Non sarei quella che sono se a 14 anni non avessi ascoltato Tutti morimmo a stento di De André. Cantare canzoni come Princesa, Khorakhané e Dolcenera per me è un dovere morale».
Lo ha mai incontrato, Faber?
«Eravamo amici. Un anno, non ricordo quale, commentammo insieme un Festival di Sanremo a casa sua. Era tagliente nei commenti».
A proposito di Sanremo: Carlo Conti l’ha indicata come sua possibile «successora». Ma chi glielo fa fare?
«Mi piacerebbe farlo come direttrice artistica. E ringrazio Carlo per aver pensato a me: è un attestato di stima. Sarebbe una bellissima responsabilità».
Conti l’ha per caso invitata come superospite?
«No. Ma se volesse farlo, non rifiuterei: sarebbe bello portare all’Ariston un’anticipazione del tour».
Nel 2017 lei fu la prima superbig a tornare in gara al Festival, spianando la strada ai ritorni di Ornella Vanoni, Elisa, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Giorgia, Negramaro: come si spiega la grande fuga di quest’anno?
«Forse i colleghi non avevano le canzoni adatte. Se la canzone non c’è, è meglio evitare: rischi di finire in coda alla classifica o, peggio ancora, di passare inosservato. Se quest’anno Carlo mi avesse invitata, anche io gli avrei detto di no, non avendo la canzone adatta».
Cesare Cremonini dice: «Quando avevo 18 anni se un artista faceva una sponsorizzazione, la gente gli sparava in faccia». Cosa l’ha spinta a dire di sì a una nota azienda dell’energia, alla quale ha concesso la sua «Eroi», che passa in continuazione negli spot in tv?
«È la prima volta che lo faccio. Se prima di me ha detto di sì il Principe, Francesco De Gregori (ha ceduto La storia e Sempre e per sempre, ndr), chi sono io per dire di no?».
Enrico Ruggeri l’ha accusata di stravolgere in concerto «Quello che le donne non dicono», scritta da lui: «Ti diremo ancora un altro sì» diventa «ti diremo ancora un altro forse». Una forzatura dettata dalla cultura del politicamente corretto, dice Ruggeri. Come risponde?
«Ci è arrivato tardi: sono dieci anni che la canto con il verso riscritto. E continuerò a farlo, per ribadire che il sesso senza consenso è stupro. È una polemica inutile, la sua».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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