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le due linee sulla giustizia. Il governo verso la stretta


Due riforme in una. Bastone e carota. Da settimane i tecnici del ministero della Giustizia lavorano alle leggi attuative della separazione delle carriere di giudici e pm. Ovvero ai testi normativi che dovranno trasformare in realtà la riforma costituzionale delle toghe sognata a suo tempo da Silvio Berlusconi e avviata a un semaforo verde del Parlamento entro la fine dell’autunno. Partito in vacanza tra Costa azzurra e montagna, il Guardasigilli Carlo Nordio troverà al rientro sulla sua scrivania due diverse versioni della riforma pronte, o quasi, a un primo varo. Una allunga una mano ai magistrati. L’altra no. E ad avere più chance di andare avanti, se il clima fra governo e giudici dovesse toccare ancora temperature tropicali, è proprio quest’ultima.

IL DOPPIO BINARIO

Una riforma “dura”, tradotta in leggi che davvero separano una volta per tutte le strade di magistrati inquirenti e giudicanti. A partire dal sorteggio secco dei togati dentro al Consiglio superiore della magistratura. Un tiro alla sorte senza mediazioni di alcun tipo per scegliere i magistrati che dovranno sedere nel plenum di Palazzo dei Marescialli. Sperando così, come ama ripetere la premier, di «scardinare» le correnti al suo interno.

Nello stesso pacchetto di leggi limate dai consiglieri di Nordio, spiegano fonti qualificate, si affrontano dossier di primissimo ordine, al netto del sorteggio. Come il concorso per l’accesso alla magistratura. Se dovesse passare la linea oltranzista i concorsi diventeranno due, paralleli. Per chiarire fin da subito agli aspiranti magistrati che saranno costretti a scegliere di fronte al bivio pm-giudici. Senza poter tornare indietro. Che dire invece del Csm? Anche l’organo di autogoverno delle toghe italiane, in questa versione, finirebbe diviso in due, uno per gli inquirenti, l’altro per i magistrati giudicanti. Magari perfino con due sedi separate: è un’idea sul tavolo, anche se rischia di rivelarsi assai costosa. Fra le proposte in cantiere caldeggiate dai “falchi” al ministero, l’idea di estendere ad altre magistrature la competenza dell’ Alta Corte, l’organo che dovrà dirimere le controversie disciplinari dei magistrati. Come alla Corte dei Conti o alla magistratura amministrativa.

E la riforma “soft”? È pronta anche questa. Prevede il sorteggio “temperato” dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura, ovvero lascia ai magistrati uno spazio per “selezionare” le toghe a Palazzo dei Marescialli. E sempre questa versione, invece che sdoppiarlo, immagina due sezioni all’interno di un unico Csm: una per i pm, un’altra per i giudici. Come unico resterebbe il concorso per accedere alle due diverse carriere. Insomma una separazione “light”, senza scardinare dalle fondamenta il sistema giudiziario italiano. I lavori dovevano procedere più a rilento.

Dopotutto prima va approvata la riforma costituzionale in Parlamento, poi il centrodestra inizierà a preparare la battaglia referendaria. Invece nelle ultime settimane c’è stata un’accelerazione. Ed ecco che la riforma “bifronte” dei giudici — o meglio la sua attuazione — è alle ultime limature. La mano di Nordio e del governo sarà piuma o ferro, per citare Mario Brega? Dipende, si diceva, dal clima di collaborazione fra poteri dello Stato alla ripresa post-estiva. I precedenti — con la recente escalation di tensioni, dalla vicenda Almasri al caso Open Arms — fanno presagire una mano “pesante” del governo quando la riforma dei giudici dovrà essere calata a terra.

GLI EQUILIBRI

Certo, tutto può succedere. Il Colle osserva da vicino. E la stessa premier vuole preservare alcuni equilibri. Proprio sulle leggi attuative della riforma si fondava l’intesa — rivelatasi poi assai fragile — fra Palazzo Chigi e l’Associazione nazionale magistrati guidata da Cesare Parodi. Riassumibile così, dal punto di vista del governo: noi andiamo avanti sulla riforma, ma troveremo un modo per smorzare e tagliare dove serve nella fase attuativa. Ora tutto rischia di tornare in discussione.

Non è escluso che alla fine il governo imbocchi un terzo binario: un “mix” fra le due versioni pronte sulla scrivania del ministro. Si vedrà. Di sicuro la giustizia dominerà l’agenda nei mesi a venire. Ieri è tornata al centro, ma per il dossier carceri. Il ministero di Nordio ha smentito l’allarme sui suicidi in cella lanciato dal garante dei detenuti, nel 2025 «sono sotto la media nazionale». Quanto basta per innescare le opposizioni. Affonda Riccardo Magi, segretario di Più Europa: «Sui suicidi, una strage di Stato, il governo fa macabra contabilità».


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