Respinta la mozione di sfiducia a Renato Schifani. Il presidente della Regione Sicilia, questo pomeriggio, è stato il protagonista del dibattito sulla mozione di censura che le opposizioni — Pd, M5S e Controcorrente — avevano presentato congiuntamente in seguito al caso Cuffaro. Con 26 voti favorevoli e 41 contrari, l’Assemblea Regionale Siciliana non stacca la spina all’era Schifani. «La maggioranza oggi ha dato prova di grandissima compattezza», le prime parole del governatore dopo il verdetto dell’Ars. Per l’azzurro il dibattito è stato «molto acceso» da parte dell’opposizione, ma è stato anche un suo «dovere ascoltare, tranne — attacca Schifani — qualche piccola pausa tecnica e non politica. Ci tenevo a dirlo all’onorevole La Vardera». Dalla Sala d’Ercole di Palazzo Reale gli interventi seguivano lo stesso filo: dal Pd il deputato Giovanni Burtone chiedeva una «giunta tecnica». Sud chiama Nord, con la sfiducia a Schifani, esortava l’Ars a «cambiare passo». L’intervento più duro è arrivato però dal Movimento 5 Stelle. Ismaele La Vardera, in Aula, ha ironizzato rivolgendosi all’azzurro: «Si è guadagnato il nome di Totò Schifani. Lei non è stato il vero presidente, era Totò Cuffaro».
Persino la Lega parlava della necessità di un «grande senso di responsabilità da parte di tutti, al di là degli schieramenti», perché dalla discussione in Aula «sono emersi aspetti rilevanti che meritano un approfondimento e scelte coraggiose», aveva spiegato a margine dell’Assemblea il deputato leghista Vincenzo Figuccia. Anche dalla politica nazionale sono arrivate richieste di dimissioni per Schifani. Giorni fa era sceso a Palermo l’ex premier Giuseppe Conte, che aveva presieduto un sit-in contro il governo regionale. Elly Schlein aveva chiesto le dimissioni dell’azzurro, richiesta alla quale si era unito anche il leader di Azione, Carlo Calenda.
Eppure non ci sarebbero stati molti allibratori pronti a scommettere sul destino di Renato Schifani. E mentre al Palazzo dei Normanni si discuteva la mozione di sfiducia, dal Palazzo di Giustizia di Palermo — poco più di mezzo chilometro in linea d’aria — arrivava la notizia che la Procura chiedeva al Gup il rinvio a giudizio per il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, indagato insieme ad altri per corruzione, peculato, truffa e falso ideologico. Adesso, Galvagno (Fratelli d’Italia) dovrà attendere il Gup, che ha fissato l’udienza preliminare per il 21 gennaio.
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