15.05.2025
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la telefonata all’alba. Ed era pronto a un’altra fuga


Confuso, agitato, ma comunque determinato nel continuare a darsi alla macchia. Giacomo Bozzoli ha pensato che casa sua sarebbe stato l’ultimo posto in cui i carabinieri sarebbero andati a cercarlo e così dalla Spagna ha puntato verso l’Italia. Commettendo un errore che gli è costato la cattura. Alle cinque e mezza di giovedì mattina si mette in contatto con una persona a lui molto vicina, il cui telefono rientrava nell’elenco delle decine di apparecchi sotto controllo. Il suo numero viene intercettato, si scopre che aggancia una cella del bresciano. È la prova che è tornato, poi confermata dalle telecamere: nel primo pomeriggio riprendono Bozzoli nel pressi della sua villa di Soiano e poco dopo scatta il blitz.

FORMAGGIO E COCA COLA

È qui che lo hanno trovato e la ricerca è stata abbastanza laboriosa, perché l’imprenditore condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio dello zio Mario avvenuto nel 2015, era nascosto nel cassettone sotto al letto, con accanto a sé una provvista di 50 mila euro in contanti. Pronto a continuare la sua vita da latitante, qualora fosse riuscito a sfuggire all’arresto. Nel garage dell’abitazione sono state trovate lattine di Coca-Cola e resti di formaggio, il frigorifero era stipato di cibo e bevande. Poiché l’ipotesi che un ricercato in tutta Europa abbia l’ardire di andare a fare la spesa, l’ipotesi è che qualcuno abbia fatto rifornimenti per lui. Eppure gli inquirenti hanno riferito che l’abitazione era imbottita di cimici, movimenti e rumori strani sarebbero stati segnalati. Giovedì mattina, quando il numero riconducibile a Bozzoli è stato captato, i carabinieri hanno messo sotto sorveglianza tutte le proprietà della famiglia, fabbriche comprese, hanno rafforzato la sorveglianza presso la casa del padre, quella del suocero dove si è trasferita la compagna Antonella Colossi con il figlio di 9 anni, e la villa di Soiano. Qui una prima perquisizione in mattinata è andata a vuoto, non quella poche ore dopo. Da capire se i 50 mila euro che custodiva nel borsello fosse il denaro rimasto dalla fuga tra Francia e Spagna o un’ulteriore provvista per un secondo viaggio. Di certo Bozzoli si stava organizzando per riabbracciare il figlio dal quale si era separato il primo luglio a Marbella, dopo il verdetto della Cassazione. «Ma tra lui e la donna in questi giorni non ci sono stati contatti», assicurano gli inquirenti. La latitanza domestica è stata un piano tutto suo, nella speranza di potersi riunire anche se per breve tempo con la famiglia? Oppure potrebbe averlo condiviso con qualcuno, trovando gli appoggi giusti.

IL TESTIMONE

L’altra sera, appena entrato in carcere, la prima cosa che ha chiesto Bozzoli è stata: «Come posso incontrare mio figlio? Quali sono le procedure per vederlo subito?». E successivamente alla cattura ha parlato a lungo con il capo della Procura di Brescia, Francesco Prete. Il colloquio è avvenuto nella villa, prima del trasferimento in cella. «Si è proclamato innocente e mi ha detto che ha inviato una lettera al mio ufficio. Pensa alla revisione della sentenza di condanna», riferisce Prete. E nella missiva che asserisce di avere spedito, ma che non è ancora arrivata, Bozzoli fa un nome. «Di un testimone austriaco che mi scagiona dall’accusa di omicidio», afferma l’imprenditore. Una rivelazione singolare, considerato che non ne ha mai fatto cenno in tre gradi di giudizio. Suggestivo inoltre che proprio da una banca austriaca arrivassero i 4.500 euro trovati a casa di Giuseppe Ghirardini, l’operaio della fonderia dello zio morto dopo la scomparsa del suo datore di lavoro. E sempre in Austria i Bozzoli avevano conti correnti per movimenti di materiale ferroso all’estero. Ieri l’imprenditore è stato trasferito a Bollate, il sovraffollamento del carcere bresciano dove ha trascorso la prima notte piantonato è ritenuto incompatibile con il suo stato di prostrazione.

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