Scegliere o adattarsi, questo è il dilemma. La Roma si è sempre adagiata sulle volontà della squadra, a volte hanno scelto gli attaccanti e altre i difensori su come stare in campo. Meglio un modulo, meglio un altro: sempre così. Bravi tutti gli allenatori che, in questi anni, hanno capito che non era il caso di andare avanti ad oltranza sui propri principi, cambiando in corsa gli eventi. Dal primo Spalletti, dall’integerrimo Zeman e poi da Rudi Garcia, pian piano è sparita la difesa a quattro. Non se ne parla più. Dimentata, prescitta. Addio.
Ed è sparita nonostante a Trigoria siano arrivati tutti allenatori profeti della linea con i due terzini e i due centrali, compreso Ranieri che quando ha sfiorato lo scudetto nel 2010 schierava una Roma con i quattro dietro. C’è stato anche Luis Enrique che non ha mai tradito i suoi principi nonostante le difficoltà dell’epoca: era il primo tecnico della Roma americana e la squadra non era un granché, oggi ripropone, altrove, quel calcio, non è mai sceso a compromessi. Poi, si è creduto in quel calcio ma i fatti hanno raccontato altro. La Roma dei “quattro” pian piano è sparita, si è dissolta nel tempo. Anche lo stesso Spalletti, quando è tornato per sostituire Garcia, ha ricominciato dai tre. Rudiger, Fazio e Manolas, componevano il terzetto difensivo, con Florenzi mezzo e mezzo, pronto ad allinearsi là dietro o a scattare in avanti, e come lui Emerson Palmieri. Dopo Spalletti, è arrivato un altro profeta della difesa quattro, Eusebio Di Francesco, e pure lui ha dovuto ricredersi, si è adattato a come la squadra desiderava giocare, a come si sentiva più a suo agio. Non a caso, nella sua serata magica, quella con il Barcellona, ha puntato sul terzetto arretrato, Fazio, Manolas e Jesus e da lì non si è più mosso, e anche oggi, nelle sue avventure tra Frosinone, Venezia etc, conferma di aver mollato lo zemanismo con cui è cresciuto ed è rimasto fedele ai suoi nuovi principi.
I PROFETI DEI “4”
Anche Fonseca poi, dopo aver provato a giocare come sa, ha ascoltato le volontà dei suoi difensori, specialmente Smalling, e si è messo a tre, pur essendo lui un credente dei quattro difensori, cosa dimostrata anche nelle ultime esperienze al Milan e poi al Lione. E che dire di Mourinho? Il portoghese ha sempre rifiutato quel tipo di calcio, dal Porto in poi si è sempre affidato al quartetto. Ma a Roma, ha frenato, si è rotolato su se stesso per volontà del gruppo, dei leader. «La squadra si sente più sicura giocando a tre», spiegò. Che poi sono cinque. Si difende meglio e poi il modo per far male agli avversari si trova, questo il principio di ieri e di oggi, di quasi tutti coloro che si sono seduti sulla panchina della Roma.
E siamo a quasi ieri, con De Rossi, che ha imparato da tecnici di alto livello, i suoi modelli sono stati da subito Guardiola, Klopp, De Zerbi, tutti allenatori da 4-3-3, quindi da un quartetto difensivo, senza esterni a tuttafascia, ma terzini offensivi veri. E’ durato poco. Daniele ha alternato i due sistemi di gioco, spesso puntando sui tre difensori, come la storia recente della Roma ci ha raccontato e gli ha raccontato. Da lì — con l’addio di Daniele — è nata l’idea di Juric, ma il fallimento del croato non è certo dipeso dal numero dei difensori. Ci ha pensato Ranieri poi ad aggiustare le cose, ma lasciando lo status quo: i tre difensori, ormai un marchio di fabbrica, pure per lui, frequentatore dalla scuola francese di Clairefontaine.
Ora tocca a Gasperini, ma il processo si è invertito. Non dovrà adattarsi lui, perché il suo modo di proporre calcio parte proprio dalla difesa a tre, che qui ormai si digerisce con facilità. Gasp la propone da sempre, da Palermo fino a Crotone, passando per il Genoa e per ultimo all’Atalanta, che ha addirittura preso Juric come suo sostituto proprio per non scombinare quanto già metabolizzato negli anni. La Roma i tre difensori li ha digeriti da tempo e ha scelto l’allenatore giusto per continuare in quella direzione. Stavolta senza forzature. Si gioca a tre, punto. Lo vuole Gasp, non (più) i giocatori. E il mercato avrà una base tattica da cui partire. Non è poco.
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