22.05.2025
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Politics

La premier e la ferita del Ghetto. «Nel ‘43 ci fu la complicità fascista»


BRUXELLES «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario». Usa Primo Levi, Giorgia Meloni, per ricordare quest’anno i «1259 innocenti» deportati nei campi di sterminio dopo il rastrellamento nel ghetto di Roma del 1943. Ottantuno anni dopo l’alba di quel 16 ottobre in cui «i nazisti, con la complicità fascista, scatenarono una feroce caccia all’uomo» che culminerà con la deportazione verso Auschwitz, la premier lo fa senza rinunciare a parole nette e disarticolando quella retorica che spesso ha spinto verso il passato alcuni esponenti della destra nostrana.
Un addio a formule di rito e giri di parole (già compiuto con toni eguali il 25 aprile scorso, e per l’80esimo anniversario del rastrellamento) che quindi allontana ulteriormente Meloni dalle critiche per una sua certa ambiguità che la accompagnano da sempre, e in particolare dal suo approdo a palazzo Chigi di due anni fa.

IL DOPPIO CANALE
La differenza semmai sta nelle recenti azioni di Israele e nel difficile doppio canale lungo cui la premier si sta muovendo. Da giorni la premier alterna alla solidarietà (rinnovata anche questo 10 ottobre alla comunità ebraica italiana) un lungo e speranzoso elenco di pretese, richieste, inviti e raccomandazioni destinato al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
“Un’accortezza” che non solo la premier porterà in Medio Oriente nel suo viaggio di domani tra Giordania e Libano (con il ministro degli Esteri Antonio Tajani che invece la prossima settimana sarà in Israele e Palestina), ma che ha pure già palesato martedì durante le consuete comunicazioni a Camera e Senato prima del Consiglio europeo di oggi, qualificando come «del tutto ingiustificato» l’atteggiamento dell’esercito israeliano e sottolineando la necessità di fare attenzione «a non isolare Israele».

Un timore che per la premier ha assunto tinte prioritarie da quando, tra manifestazioni e proteste, è parso evidente un crescente sentimento antisemita lungo la Penisola. Quelle di Primo Levi, scrive infatti Meloni nella nota pubblicata ieri, «sono parole che indicano, ancora oggi, la strada da seguire per mantenere viva la memoria di ciò che è successo e per rinnovare il nostro impegno contro l’odio antisemita, che ha trovato nuova linfa dopo la disumana aggressione perpetrata da Hamas il 7 ottobre 2023 contro il popolo israeliano». In questa giornata, conclude poi la premier, «il governo rivolge la sua vicinanza alla Comunità ebraica di Roma, ai famigliari e ai discendenti dei deportati».

GLI ALTRI
Un doveroso ricordo a cui si dedicano pure i presidenti di Camera e Senato. «Una delle pagine più buie della nostra storia», dice il presidente di Montecitorio Lorenzo Fontana, che ricorda come solo 16 dei deportati fecero ritorno a casa e che nessuno fu risparmiato, nemmeno i bambini, gli anziani e le donne. «La memoria, le testimonianze e lo studio del passato alimentano la conoscenza e la consapevolezza, e sono motore dell’impegno nella difesa dei valori di dignità e umanità», la chiosa di Fontana. «Un atto di brutalità disumana che ha segnato indelebilmente la nostra storia. Esprimiamo il nostro sdegno più profondo per le atrocità commesse e ribadiamo con forza l’importanza di non far mai svanire la memoria di tali eventi», scrive invece sui social Ignazio La Russa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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