L’ambizione è quella di sfoderare «la capacità di far rendere al massimo ogni giocatore, come Mourinho». Più modestamente, però, ammette di ispirarsi a Oronzo Canà: «Il mio modulo? Il 5-5-5 e la Bi zona, come l’allenatore nel pallone…». Dallo scranno più alto del Senato alla panchina del Gran Sasso d’Italia all’Aquila, Ignazio La Russa è pronto a scendere in campo. Letteralmente. Sarà lui, da decano delle istituzioni, a guidare la nazionale politici che domani sfiderà la nazionale cantanti alla partita del cuore, in tandem con Pier Ferdinando Casini. «Siamo gli unici due “sopravvissuti” alla famosa partita del cuore del ‘96, quella dell’abbraccio tra Fini e D’Alema. Noi due e Gasparri», se la ride lui.
Presidente, pronta la formazione?
«Non ancora. Io non ci sto a fare l’allenatore per finta: prima vorrei convocare tutta la squadra almeno una volta… Poi se va bene, magari mi candido per allenare la nazionale vera, che tanto peggio di così».
Da cuore nerazzurro, si sente più Inzaghi o più Mourinho?
«E come faccio a scegliere! Di Inzaghi vorrei l’abilità a gestire bene tutta la rosa, non so se io e Casini riusciremo a far entrare in campo tutti… Di Mourinho, la capacità di far dare il massimo a ognuno».
Il bomber cantante più pericoloso?
«Sono tutti pericolosi perché giocano insieme da tanto tempo. Mentre noi politici, sempre a litigare, partiamo un po’ svantaggiati. E poi un conto era quando in porta loro avevano il mio amico Fabrizio Rocca: ora che il portiere non è più lui, sarà più difficile fare gol (ride)».
Chi schiera in attacco? L’opposizione Renzi, Schlein, Conte?
«Renzi lo mettiamo a centrocampo a distribuire il gioco, un po’ a destra un po’ a sinistra. Conte lo faremo entrare dalla panchina, lui prima di scendere in campo ci pensa bene… Ma poi entra al momento giusto».
E Schlein? Si dice che sia brava, a calciare.
«Schlein va in attacco, ovvio. Magari come ala destra, ma sul piede opposto al suo preferito che è il sinistro. Però a sorpresa le affianco come seconda punta un’altra ragazza, Grazia Di Maggio, la più giovane deputata di Fratelli d’Italia. Se qualcuno si azzarda a fermarle, lo possiamo accusare di sessismo. Però Di Maggio la faccio giocare al centro, così la sinistra è contenta e non dice che è troppo estremista».
Il ministro Giorgetti, allora, va in difesa…
«Giorgetti lo vedrei bene in porta, a parare gli attacchi al bilancio da destra e da sinistra. Se però non sa parare, lo metteremo libero».
E von der Leyen? La vorrebbe, in squadra?
«No, perché questa è la nazionale dei politici italiani. Non possiamo prendere tedeschi, nemmeno se oriundi. E come diceva Berlusconi ai suoi giocatori: niente barbe né tatuaggi. Scherzo, naturalmente».
Meloni invece in che ruolo la vedrebbe bene?
«Meloni credo vorrebbe fare il direttore sportivo, quello che si occupa del calciomercato. Io però la vedrei bene anche al posto mio e di Casini quando giocheremo per le coppe europee».
Ma è vero che Conte ha insistito per entrare in squadra?
«Se l’ha fatto, ha fatto bene: io ho sempre partecipato quando me l’hanno chiesto, anche se c’era chi la considerava quasi una diminutio, invece non è così. E poi se c’era la Schlein, mica volevate che Conte rimanesse fuori?».
Ma gli ordini li darà lei o Casini?
«Casini è del Bologna, purtroppo deve soggiacere (ride). No, ciò che mi dirà lo terrò in grande considerazione».
Come la chiamiamo questa squadra? Campo largo, larghissime intese?
«Ma no, nessuna definizione politica. Direi Parlamento Italia».
Più difficile guidare una seduta del Senato o una squadra di calcio che va da destra a sinistra?
«È molto diverso: chi accetta di giocare a pallone insieme deve lasciare nello spogliatoio le differenze. Altrimenti fa meglio a non venire».
Dica la verità: puntate tutto su Damiano Tommasi, l’ex centrocampista della Roma e oggi sindaco di Verona, del Pd…
«Lo metteremo all’ultimo minuto. È la nostra arma segreta».
Faccia una previsione: rivedremo un abbraccio come nel ‘96, magari tra Renzi e Conte?
«Spero di sì. In quell’occasione però giocava pure Massimo Mauro, l’ex centrocampista della Juve. Era il più bravo di tutti. Però non fu troppo corretto: siccome era di sinistra, appena eletto deputato con l’Ulivo, l’ultimo assist lo faceva sempre a D’Alema, sperando che fosse lui a fare gol…».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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