17.05.2025
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Politics

«La maggioranza non è autorità senza limiti»


Il «diritto all’opposizione» che è «alito della libertà». E il ruolo della democrazia che appare sempre più stanca, «in affanno». Ma che in ogni caso non può né deve limitarsi a essere «della maggioranza», perché si sostanzia sopra ogni altro aspetto nel tutelare «i diritti delle minoranze». È un intervento lungo, denso e articolato quello che Sergio Mattarella rivolge alla platea triestina della settimana sociale dei cattolici, l’assemblea di vescovi e laici riunita per la cinquantesima volta per discutere temi di attualità politica e sociale. Sedici cartelle in cui il presidente della Repubblica esorta a «battersi affinché non vi siano analfabeti di democrazia». Invita il governo (anzi, tutti i governi) a non ricorrere a «semplificazioni di sistema o a restrizioni di diritti “in nome del dovere di governare”». E, di fatto, lancia un monito contro ogni tentazione di «assolutismo» della maggioranza, invitando piuttosto a valorizzare la «coscienza dei limiti» come «fattore imprescindibile di vitalità democratica». Un no netto, quindi, a ogni «autorità senza limite, potenzialmente prevaricatrice». Anche a quelle che godono del consenso popolare.

LA PREOCCUPAZIONE
Non cita casi concreti, il Capo dello Stato. Né è suo compito farlo. Ma nelle parole di Mattarella si coglie forte la preoccupazione per una crescente tendenza all’«assolutismo» dei leader, anche e soprattutto di quelli che godono del consenso popolare. Per spiegare il concetto cita le parole di Egidio Tosato, statista Dc e membro della Costituente che «contestò l’assunto di Rousseau» sulla volontà generale, quella del popolo che può dettare legge a proprio piacimento. «Non è in realtà che la volontà di una maggioranza che si considera come rappresentativa di tutto il popolo», ricorda Mattarella, e in quanto tale «può essere, come spesso si è dimostrata, più ingiusta e più oppressiva della volontà di un principe».

In filigrana, si coglie un riferimento alla da molti temuta nuova ascesa di Donal Trump, Ma pure alla possibile affermazione di Marine Le Pen in Francia. L’opposizione, invece, ci legge forte e chiaro un richiamo sul premierato di Giorgia Meloni. Specie in alcuni passaggi, come quando il presidente sottolinea che l’esercizio della democrazia «non si riduce a un semplice aspetto procedurale» con «l’espressione del proprio suffragio nelle urne». Ma si coltiva, appunto, preservando quel «diritto all’opposizione che è – e stavolta Mattarella cita il suo predecessore Giorgio Napolitano – alito della libertà». La semplice adesione alle «regole del gioco» istituzionale, insomma, non basta: servono «limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare a loro volta maggioranze».

C’è però pure un richiamo a un senso di concordia, un appello a tutti i protagonisti del gioco democratico a non «cedere all’ossessiva proclamazione di quel che contrappone, della rivalsa, della delegittimazione». E a «non confondere il parteggiare con il partecipare».

SOVRANITÀ EUROPEA
Eccola, l’unica strada che Mattarella intravede per difendere democrazie che oggi a ogni latitudine danno segni di «affanno»: la partecipazione attiva. «Don Lorenzo Milani esortava a “dare la parola”, perché “solo la lingua fa eguali”. A essere – la spiega il presidente – alfabeti nella società». E poi bisogna proseguire sul cammino dell’integrazione europea, l’unica via per «conferire sostanza concreta» a quella sovranità che appartiene al popolo che svetta nel primo articolo della Costituzione.

Un intervento lungo, interrotto dagli applausi. In prima fila ad ascoltare il capo dello Stato c’è il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei. Che fa sue le parole dell’inquilino del Colle e a sua volta ammonisce contro il «pericolo dei populismi che, se non abbiamo memoria del passato, possono privarci della democrazia o indebolirla». Infine Zuppi torna sulle critiche espresse dalla Cei alle riforme istituzionali del governo, dal premierato all’autonomia: «La Chiesa parla perché è libera e ha uno sguardo amorevole e benevolo verso ciascuno: di tutti è amica e preoccupata, nessuno è per lei nemico». Semmai, osserva il cardinale, «esprimiamo preoccupazioni: offerte di dialogo in spirito di franchezza e collaborazione».

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