15.05.2025
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Politics

«La legge va corretta». Materie e Lep tra i nodi


La Consulta non dichiara incostituzionale la legge sull’Autonomia differenziata ma di fatto la smonta, individuando sette punti della norma che presentano profili di illegittimità: dai Livelli essenziali di prestazione (Lep) alle aliquote sui tributi. Al secondo giorno di Camera di consiglio arriva la decisione della Corte che accoglie parzialmente i ricorsi delle quattro Regioni guidate dal centrosinistra (Campania, Puglia, Sardegna e Toscana). I giudici hanno ritenuto «non fondata» la questione di costituzionalità dell’intera legge ma la spedisce indietro e invita il Parlamento a «colmare i vuoti» che ne derivano. Esulta l’opposizione: «La legge è demolita». Le motivazioni arriveranno nelle prossime settimane, ma intanto i giudici hanno spiegato i motivi della decisione. Con una premessa: «Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità — si legge nella nota diffusa nel tardo pomeriggio — colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge».

I NODI

Tra i sette profili della legge ritenuti incostituzionali c’è innanzitutto la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano «materie o ambiti di materie», per la Corte l’attribuzione deve invece «riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e deve essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del principio di sussidiarietà». Quindi i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, concernenti i diritti civili e sociali. Per la Corte non può essere il governo a decidere, come prevedeva la legge Calderoli. E spiegano che «la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei Lep», ha come conseguenza che «la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento». Stop inoltre alla possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito perché, spiega la Corte, «potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti che — dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite — non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni». Ma al di là delle bocciature, comunque importanti, la Corte rimette al centro il principio di sussidiarietà. E sottolinea che la distribuzione delle funzioni legislativa e amministrative tra Stato e Regioni «non» deve «corrispondere all’esigenza di un riparto di poteri tra i diversi segmenti del sistema politico» ma deve avvenire «in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione». È dunque «il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni». Per questo l’Autonomia «deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini».

LE REAZIONI

La sentenza peserà anche sui quesiti referendari. Non tanto su quello abrogativo, ma sugli altri che la Cassazione adesso potrebbe riformulare oppure dichiarare superati. Le opposizioni in blocco esultano e sostengono che la riforma è stata «demolita». «Bastava leggere meglio la Costituzione per evitare questo ennesimo flop con una legge che ha dei profili di incostituzionalità» commenta la segretaria del Pd Elly Schlein. Mentre per il leader M5S Giuseppe Conte «la Corte frena il progetto di autonomia con cui Meloni, Salvini e Tajani volevano fare a pezzi il tricolore e la nostra unità». Soddisfatti anche i governatori delle quattro Regioni ricorrenti. E sulla questione, a margine di un convegno, interviene anche il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin: «È difficile entrare in vicende specifiche ma ribadisco, tutto ciò che va a beneficio della comunità nazionale e soprattutto delle parti più deboli e vulnerabili, se va in questa direzione, è un bene».

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