Franco Oppini e i Gatti di Vicolo Miracoli. Una storia artistica lunga. Una di quelle che si possono scrivere, che diventano un libro poi da leggere. Ed è quello che ha fatto. Quello che racconta al quotidiano Libero. Ovviamente non è la prima versione ma «propendo che la mia sia la più affidabile.Ci sono anche interventi di Carlo Verdone, Abatantuono, che fanno parte della nostra storia. Anche se poi il vero deus ex machina del gruppo fu Gianandrea Gazzola». Lui era un geniaccio. Lo descrive così Franco Oppini. «Eravamo tutti al Liceo Maffei di Verona, ogni cosa nasce da lì: giocavamo a basket e avevamo messo su una compagnia che allestiva spettacolini a base di gospel e spirituals: eravamo 24, da qui il nome “Studio 24”, poi siamo via via scesi di numero fino a sei, poi a quattro».
Gli esordi
Tutto iniziò per caso. «Noi suonavamo per strada — racconta ancora l’ex marito di Alba Parietti a Libero -passavano di lì il regista televisivo Dore Modesti e sua moglie Gabriella Farinon, nota presentatrice, che erano soliti prendere un caffè nel bar storico Dante.
Dopo averci ascoltati, Modesti ci propose di partecipare a uno spot del Ministero dei trasporti. Arrivati a Roma ci dissero che il nome “Studio 24” non era adatto…». E allora il presero il nome Vicolo Miracoli, da una vecchia via del centro di Verona. Se dovesse descrivere oggi il quartetto? Semplice: «Eravamo vulcani di battute in continua eruzione, un kalashnikov di minchiate». Talmente geniali che «gli autori Mediaset ci dicevano: con tutto quello che voi sparate in 10 minuti, noi ci facciamo 10 trasmissioni. Prenda “Capitoo?” il tormentone di Jerry: nasceva da una gag in cui lui faceva il concorrente scemo di un quiz, ma era una battuta di Umberto che ne partiva da un’altra, “Ha studiatoo?”».
La rivalità con Tognazzi
La rivalità con Ugo Tognazzi che rivendicava il “diritto alla cazzata”? «Il segreto era spararle 500 di fila, che fossero boutade o freddure, senza preoccuparsi. Se la gente capiva; si confidava nel fatto che comunque avrebbe capito e riso alla battuta successiva. Senza sovrastrutture. Fu per quello che ci richiamarono con grande successo a Non Stop che era la nuova ballata senza manovratore dello spettacolo italiano, da dove nacquero Verdone, Troisi, Beruschi…”».
Cosa fa oggi
Franco Oppini fu l’unico forse contrario allo scioglimento voluto per primo da Jerry Calà. «Col senno di poi potevamo evitare di scioglierci, potevamo fare come le compagnie teatrali: insieme, solo per un tot all’anno e poi, in parallelo con le carriere soliste. Ma evidentemente qualcuno voleva emergere oltre il gruppo. C’è da dire che negli ultimi 20 anni non abbiamo perso l’amicizia, anzi ci siamo riconciliati».
Oggi «sono tornato al teatro, da dove ero partito col Teatro laboratorio sperimentale veronese di Ezio Maria Caserta; metttendomi in gioco anche con i testi drammatici. Nel mio ultimo spettacolo, per esempio, ho inserito il monologo shakespeariano di Shylock che, tra ebrei e libbre di carne da pagare, direi che è attualissimo…»
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