17.07.2025
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Politics

«Istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta»


Una Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo in Repubblica Democratica del Congo: questo l’appello arrivato stamattina a tutti i gruppi parlamentari della Camera e del Senato. La lettera è firmata da quattro associazioni: Amici di Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci, Prospettiva 2023 e la Rete Limbiate (paese in cui Attanasio è cresciuto). 

La richiesta arriva quattro anni e mezzo dopo la strage. «Nessuna verità è stata ancora accertata sui mandanti e sul movente della carneficina», si legge nella lettera. La mattina del 22 febbraio 2021, il convoglio in cui viaggiavano Attanasio e Iacovacci venne fermato da un gruppo di uomini armati a qualche decina di chilometri dalla città di Goma. Milambo viene ucciso subito, mentre Attanasio e Iacovacci vengono sequestrati e portati lontano dalla strada; braccati dai rangers del parco, gli uomini del commando in fuga sparano ai rapiti per ucciderli. Iacovacci, nel tentativo di proteggere l’ambasciatore, muore sul colpo. Attanasio resta gravemente ferito; soccorso, morirà un’ora dopo in ospedale.

I funzionari responsabili

Nel podcast «L’ambasciatore dimenticato», pubblicato sul Domani, il giornalista Luca Attanasio (amico e perfettamente omonimo dell’ambasciatore) racconta una strage dai contorni poco chiari, con circostanze e mandanti ancora da chiarire, e soprattutto con fortissimi sospetti in merito alle responsabilità di due funzionari Onu: Mansour Rwagaza e Rocco Leone, che viaggiavano nello stesso convoglio ma riuscirono miracolosamente a sfuggire alla strage. All’epoca dei fatti, i due erano rispettivamente responsabile per la sicurezza e direttore ad interim del Pam Congo, ovvero la sezione del Programma Alimentare Mondiale (in inglese, World Food Programme) – agenzia delle Nazioni Unite e più grande organizzazione umanitaria al mondo – che opera in Repubblica Democratica del Congo. 

Leone e Rwagaza sono stati accusati dalla procura di Roma di gravissime inadempienze nella preparazione del viaggio. I due falsificarono i documenti necessari per ottenere dal Dipartimento di sicurezza dell’ONU l’autorizzazione alla missione, omettendo il nome dell’ambasciatore e del carabiniere dalla lista dei partecipanti. Il convoglio partì quindi senza scorta armata, su auto non blindate, verso una zona del Paese in cui si erano già verificati migliaia di casi di rapimenti a scopo di estorsione. La versione ufficiale, infatti, è che il movente dell’agguato fosse la rapina, poi degenerata in sequestro di persona.

E ad aprile 2023 un tribunale congolese ha condannato all’ergastolo i sei presunti membri della banda.

L’ombra della corruzione 

Ma il sospetto è che Luca Attanasio avesse scoperto un grave caso di corruzione che coinvolgeva alti funzionari del Pam e che l’agguato fosse stato orchestrato per spaventarlo e farlo desistere dalla missione. Due giorni prima dell’omicidio, il giovane ambasciatore aveva scoperto che la prima parte di un progetto umanitario, finanziato dall’Italia e affidato al Pam con un budget di diverse milioni di dollari, non era mai partita e che i fondi erano spariti. Il viaggio in cui morì era destinato a verificare se anche la seconda parte del progetto, nella provincia del Nord Kivu, avesse subito la stessa sorte. 

Il padre di Luca Attanasio, Salvatore, non ha dubbi. «Questi ragazzi non si sono suicidati, sono stati ammazzati. E la storiella del rapimento non riuscito non regge più. Questo è un omicidio premeditato».

Attanasio continua: «Noi chiediamo con forza che vengano individuati mandati e moventi di questo triplice omicidio. Non si può infilare la testa sotto la sabbia. È immorale, è inaccettabile per uno Stato di diritto. Diamo l’impressione di essere un Paese forte con i deboli e debole con i forti. Che messaggio diamo a tutta la diplomazia del nostro Paese? Se per l’omicidio di un diplomatico non si fa nulla, si immagini per un normale cittadino».

L’immunità e il processo annullato

Nonostante le gravi inadempienze, ormai accertate, per le quali Leone e Rwagaza sono stati accusati di omicidio colposo dalla procura di Roma nel novembre 2022, in Italia non c’è mai stato alcun processo. E non ci sarà. Fin dall’iscrizione dei suoi funzionari nel registro degli indagati, l’Onu aveva inviato lettere di protesta a Roma per ribadire che i suoi dipendenti godevano dell’immunità funzionale. E la Farnesina si era dichiarata d’accordo. Nel febbraio 2024, la giudice per l’udienza preliminare Marisa Mosetti aveva così riconosciuto l’immunità e deciso per il non luogo a procedere contro Rocco Leone e Mansour Rwagaza. La procura di Roma aveva deciso di non fare ricorso. 

L’inerzia del governo

«L’unico che poteva intervenire per rimuovere questo ostacolo era il governo italiano, e non l’ha fatto. Stiamo parlando dell’omicidio di due servitori dello Stato, di cui uno è suo rappresentante, inviato lì proprio dallo Stato», dice Salvatore Attanasio. «Credo che lo Stato abbia il dovere di cercare la verità. Non può arrendersi di fronte a un’immunità. Dov’è il valore della vita? Questi ragazzi per cosa sono morti?».

E accusa: «Uno Stato che non tutela i suoi servitori, che Stato è? Ci vuole un briciolo di dignità, e forse coraggio. Quello che è mancato alle nostre istituzioni è un po’ di schiena dritta, un po’ di coraggio».

L’inchiesta parlamentare, che ha lo stesso potere investigativo della magistratura, riporterebbe i riflettori politici su un caso chiuso per la giustizia italiana. Anche se il governo aveva scelto di non costituirsi parte civile nel processo contro i funzionari dell’Onu, l’aveva fatto nel procedimento in Congo contro i presunti membri del commando. Interpellato al question time in Parlamento, Tajani aveva dichiarato che un mancato riconoscimento dell’immunità «avrebbe esposto l’Italia a responsabilità internazionale per violazione delle norme Onu». 

Ma Salvatore Attanasio è durissimo. «Quello che Luca ha fatto in Congo, e in tutte le sedi diplomatiche in cui ha agito, l’ha fatto con coraggio e mettendoci la faccia, difendendo i valori della nostra Costituzione. Ha cercato di dare voce al popolo congolese, una voce a chi non ce l’ha. Ha onorato il nostro Paese. E credo che il Paese debba restituirgli un briciolo di onore».  E aggiunge: «Luca era un uomo delle istituzioni, e noi abbiamo totale fiducia nelle istituzioni. Ma le istituzioni devono guadagnarsela, questa fiducia».

«L’omicidio di un Ambasciatore e della sua scorta non può essere derubricato ad un fatto di cronaca nera», si legge ancora nella lettera-appello. Il rapimento e l’omicidio di Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo «oltre al valore della perdita delle vite umane, che vale in questa come in altre circostanze drammatiche, è tuttavia anche un attacco allo Stato». Ai gruppi parlamentari di Camera e Senato spetta ora il compito di decidere se dare seguito alla richiesta «in nome del diritto alla verità per i familiari, per i cittadini italiani, per l’onore e la dignità delle Istituzioni del nostro Paese». 


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