L’emergenza scatta nel cuore della notte. Giorgia Meloni non chiude occhio, segue la crisi iraniana in contatto con ministri, consiglieri e intelligence. Li riunisce a metà pomeriggio in video-conferenza mentre i raid israeliani sono ancora in corso sui siti nucleari dei pasdaràn e il mondo trattiene il fiato per il secondo atto: la “vendetta” degli ayatollah che prenderà forma in serata con un diluvio di missili balistici. Detta la linea la presidente del Consiglio al fianco dei vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro della Difesa Guido Crosetto e degli Interni Matteo Piantedosi, Giorgetti, Mantovano, Fazzolari e i vertici dei Servizi segreti. L’Italia sta con Israele. Ovvero ritiene «legittimo» l’attacco preventivo sferrato da Netanyahu per fermare la proliferazione nucleare di Teheran. Fin troppo chiaro nella nota vergata dallo staff della premier a margine della riunione d’emergenza. Dove «si sono registrati con preoccupazione i rapporti dell’AIEA (L’agenzia contro la proliferazione nucleare, ndr) che hanno trovato l’Iran in violazione dei suoi obblighi secondo il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari».
Ecco l’atto di accusa. Segue l’invito a riprendere i colloqui sul nucleare fra Stati Uniti e Iran e a lavorare con i partner della regione per «promuovere una de-escalation e garantire al meglio la sicurezza dei cittadini e dei militari italiani» nell’area. Neanche un accenno a Israele e al blitz di Netanyahu. È la linea dei leader europei, che per una volta serrano i ranghi sulla crisi mediorientale. La Francia, tra i Paesi più duri con il governo israeliano per le manovre a Gaza, si spinge a offrire «pieno sostegno». I telefoni riprendono a squillare. La premier italiana nel pomeriggio si collega con Trump, von der Leyen, Merz.
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Nel colloquio Trump conferma quanto ha già detto in pubblico: gli Usa sapevano dell’operazione. Di più: hanno dato il via libera. È convinto che la pioggia di missili andata a segno sulle centrali iraniane costringerà Khamenei a tornare al tavolo dei negoziati, indebolito. Vuole trattare il capo della Casa Bianca, com’è nel suo stile, convinto di avere una buona mano. Meloni ripete che nessuno «può mettere in discussione l’esistenza dello Stato di Israele».
Poi rilancia la via diplomatica: Roma si offre, non appena sarà possibile, per un nuovo round di negoziati sul nucleare. In serata ha un contatto diretto con Netanyahu, il primo dopo diversi mesi. Di fatto, dà la sua approvazione al blitz aereo che ha piegato i centri nucleari di Teheran. Condivide «la necessità di assicurare che l’Iran non possa in alcun caso dotarsi dell’arma nucleare». Tiene il punto su Gaza e la necessità di far entrare gli aiuti umanitari e auspica «che gli sforzi condotti dagli Stati Uniti per giungere ad un accordo» sulla proliferazione nucleare «possano ancora avere successo». A stretto giro Meloni sente alcuni dei leader mediorientali: il principe saudita bin Salman, il sultano dell’Oman Tariq Al Said, l’emiratino bin Zayed e re Abdallah II di Giordania.
Tutto si muove vorticosamente. Mentre i leader europei si attaccano al telefono — i primi sono Merz, Macron e l’inglese Starmer — la premier fa il punto con gli apparati della sicurezza. Non è stato un fulmine a ciel sereno l’attacco israeliano. A quanto risulta al Messaggero da mercoledì l’Aise, l’agenzia per i servizi segreti esterni guidata da Giovanni Caravelli, ha segnalato in più di un report al vertice politico l’imminenza di un’offensiva su larga scala da parte di Tel Aviv. E sempre due giorni fa sono state messe in allerta le forze militari italiane nella regione. A partire dai cinquecento soldati all’interno della missione in Iraq. Per finire con il contingente italiano nei Caschi Blu dell’Onu in Libano, che ha alzato al massimo il livello d’allerta come hanno fatto gli asset navali a guida italiana da quel lato nel Mediterraneo, al largo dell’Egitto e dello Yemen.
GLI ASSET MILITARI
I soldati non sono considerati al momento in grave pericolo ma l’attenzione a Roma resta altissima come per il corpo diplomatico in Iran per cui è pronta, all’occorrenza, l’evacuazione. È un tornante politico. Alla vigilia del G7 in Canada dove ora il dossier iraniano dominerà l’agenda. Con buona pace delle attese del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e del pressing internazionale per fermare i bombardamenti su Gaza.
A Roma la maggioranza serra i ranghi. Salvini picchia duro: «Lecito che Israele contrasti fanatismo e terrorismo». Tajani è impegnato da prima mattina in una maratona di telefonate. Con gli ambasciatori nell’area e poi gli omologhi israeliano e iraniano, Saar e Araghchi, infine i colleghi di Francia, Germania e Regno Unito. Oggi riferirà alle Commissioni estere e difesa in Parlamento. Opposizioni in pressing. Parte dal Pd Elly Schlein: «Serve diplomazia, Meloni dimostri di non essere schiacciata su Trump». Giuseppe Conte chiede di «fermare quel criminale di Netanyahu».
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