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ipotesi sequestro e tortura. «Interrogata ogni giorno, pensavo di morire»


Un fascicolo sull’arresto e la detenzione a Teheran di Cecilia Sala è già stato aperto. Al momento il procuratore di Roma Francesco Lo Voi non ha ipotizzato alcun reato, ma ieri mattina, dopo avere ricevuto l’informativa degli uomini del Ros, che sono tornati negli uffici di piazzale Clodio anche nel primo pomeriggio, e avere acquisito il verbale della giornalista detenuta nel carcere di Evil per 20 giorni, ha avviato un’inchiesta. Si valuta ogni ipotesi, dai maltrattamenti al sequestro di persona, fino alla tortura. Ma prima di definire il reato, saranno necessari altri approfondimenti, anche con le autorità iraniane. E sarà indispensabile porre altre domande a Caecilia Sala, che potrebbe risentita tra oggi e domani. Cecilia ha riferito ai militari del Ros, che hanno raccolto per tre ore la sua testimonianza dopo l’atterraggio a Ciampino, del suo arresto in albergo. Bendata, prima sarebbe stata portata in un posto ignoto e poi nella prigione di Evil, dove nelle prime due settimane è stata interrogata quasi ogni giorno e costretta a firmare un verbale in lingua farsi. A verbale ha aggiunto: «Mentre ero in cella di isolamento, sentivo le urla degli altri detenuti che venivano torturati. Ero terrorizzata». Il suo arresto è ovviamente posto, anche dalla stessa giornalista, in correlazione con quello di Mohamed Abdeini, fermato a Malpensa il 16 dicembre e detenuto a Opera. L’ingegnere iraniano, accusato dagli Usa di avere sostenuto i terroristi, presto potrebbe tornare libero. Tuttavia si cercano altri elementi sull’arresto e la detenzione della ventinovenne italiana.

LE INDAGINI

Le autorità islamiche hanno motivato la misura con una presunta violazione delle leggi della Repubblica islamica dell’Iran. E adesso gli inquirenti stanno cercando di capire se Cecilia, a Teheran con un visto giornalistico, abbia incontrato qualcuno, non previsto nel calendario degli incontri ufficiali organizzati dal regime. O ancora se, intervistando alcuni personaggi, abbia insistito con “domande non gradite”. Visto che non solo gli incontri, ma anche gli interpreti sono suggeriti dal governo. Uno dei casi potrebbe essere quello con Zeinab Mousavi, arrestata come dissidente ma poi liberata e oggi figura pubblica che ha un grande seguito e che il governo sembra non contrastare più.

LA TESTIMONIANZA

«Avevo chiesto assorbenti e altri prodotti per l’igiene intima, non mi sono mai stati portati», ha detto tra le altre cose a verbale Cecilia, che aveva già riferito come per quasi tutto il tempio abbia dormito solo stesa su una coperta «Mi hanno portato in un altro posto prima di portarmi dove poi sono stata per i 21 giorni. E ho capito dalle prime domande che non sarebbe stata una cosa breve. Conosco quel carcere, non c’ero mai stata ma so come è fatto, quanto è grande, dov’è. E ho capito dal percorso, che ho fatto all’interno che ero dentro un carcere grande. Dal percorso che ho fatto in auto mi sono resa conto che ero dentro la città e poteva essere soltanto quello». «Ho avuto sempre, quasi sempre, gli stessi vestiti per tutta la durata della detenzione. La luce era sempre accesa, era un problema dormire. Avevo chiesto una mascherina o qualcosa per coprire gli occhi, non mi è stata mai portata», ha ripetuto nell’intervista di ieri a Mario Calabresi. Ma nel podcast per Chora Media ha anche sottolineato: «Ovviamente c’è un’indagine in corso ci sono tante cose che non posso dire in questo momento e anche per rispetto del lavoro che stanno facendo le persone che mi hanno portata via di lì». Poi alcuni dettagli sul trattamento che le è stato riservato: «Volevo prendere appunti per ricordare quello che mi stava accadendo, non mi è stato concesso.

LE ACCUSE

Le accuse che le venivano mosse non sono state chiare neppure per lei, che però aveva subito messo i correlazione il suo arresto con quello di Abedini. «Per le prime due settimane mi interrogavano tutti i giorni — ha detto la giornalista — Magari qualcosa che volevano veramente sapere, magari qualcosa che servisse soltanto a confondermi. Insomma, io ho preso in considerazione di essere accusata di cose di reati come ad esempio… loro lo chiamano pubblicità contro la Repubblica islamica è, per esempio, il reato che è stato contestato a Nilufar Hamadi, la giornalista che diede la notizia della morte di Massa Mini nel 2022, e ho preso in considerazione anche di essere di essere accusata di cose molto più gravi. Quando ho chiesto, mi hanno detto che ero accusata di tante azioni illecite compiute in tanti luoghi diversi».

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