ROMA «Tendere la mano» se il referendum sulla giustizia dovesse superare l’ultimo scoglio, conquistando il lasciapassare degli italiani. Dopo mesi in cui si è andati avanti a colpi di fioretto, governo e magistratura dovranno deporre le spade e cercare uno spazio comune per avviare quel restyling del sistema che per il governo è questione ineludibile. Il terreno per favorire il dialogo risiede in quelle leggi attuative con cui si passerà dalle parole ai fatti, rendendo operativa la riforma. Sempre che gli italiani nelle urne optino per il disco verde. Ed è questo uno dei punti su cui convengono il sottosegretario Alfredo Mantovano e il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ieri hanno avuto una riunione di un’ora e mezzo a Palazzo Chigi, ufficialmente per fare il punto sul piano carceri e la legge di bilancio. Ma il referendum sulla riforma che dal Guardasigilli prende il nome è il convitato di pietra, a dirla tutta non il solo. C’è un altro elefante nella stanza ed è il caso Almasri, dato che appena 24 ore prima dell’incontro per il generale libico a Tripoli sono scattate le manette. Sulla vicenda del torturatore libico arrestato a Torino nel gennaio scorso e rimandato in patria su un volo di Stato, per Nordio, Mantovano e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi il procedimento è stato archiviato: i tre non andranno a processo. Mentre è ancora in bilico il capo di gabinetto di via Arenula Giusi Bartolozzi, che ieri a Palazzo Chigi era saldamente al fianco del ministro.
LO SPAZIO DI TRATTATIVA
Ma torniamo alla riforma. Per definire la strategia da portare avanti per convincere gli italiani a barrare la casella “sì” c’è ancora uno scampolo di tempo. Anche perché sul grosso da fare son tutti d’accordo: da un lato una comunicazione più laica, strettamente divulgativa, per spiegare cosa cambierà nel sistema se la riforma supererà la prova delle urne; dall’altro una campagna che parli alla “pancia” degli elettori, riportando alla memoria processi che non hanno mai smesso di gridare vendetta. La strada del dialogo, si diceva, per Mantovano e Nordio passa soprattutto dalle leggi attuative. Se tutto va come deve, convengono, per mettere a terra la riforma i magistrati verranno richiamati al tavolo del governo, sperando che stavolta non si vada a rottura. Sono due le variabili su cui si può trattare e che per le toghe rappresentano due questioni di non poco conto, su cui, soprattutto, il governo sarebbe pronto a fare concessioni. La prima passa dal meccanismo di nomina dell’Alta Corte, l’organo chiamato a pronunciarsi sui procedimenti disciplinari contro i magistrati. L’altra, altrettanto dirimente, riguarda i parametri con cui verranno calibrati i sorteggi per i membri togati dei due Csm, quello della magistratura giudicante e l’altro della magistratura requirente. L’auspicio è di trovare soluzioni non divisive, anche se sul dialogo con la magistratura grava anche la variabile tempo, visto che l’obiettivo della maggioranza è arrivare alla nomina del nuovo Csm, in programma a gennaio ‘27, con il pacchetto già chiuso e chiavi in mano, così da nominarne due secondo i dettami della riforma Nordio. Un varco stretto, ma su cui si può tentare la strada del dialogo come cerca di fare poco dopo il Guardasigilli, incrociando all’ingresso della Camera Elly Schlein a stretto giro dall’incontro avuto a Palazzo Chigi. Dove, con Mantovano, Nordio ha fatto il punto anche sulla necessità di accelerare sul piano carceri, con la sabbia che scorre nella clessidra mentre la deadline fissata al 2027 segna 10mila posti in più nei penitenziari italiani, tra istituiti nuovi di zecca a ampliamento degli edifici esistenti, tutto in capo al Mit. I tagli in manovra, che per via Arenula ammontano a poco più di 40 milioni, «non intaccheranno in alcun modo il piano», assicurano fonti del ministero. La prova è nei numeri: «in legge di bilancio sono previste 2.000 nuove assunzioni per la polizia penitenziaria. La sicurezza prima», con il governo che investe sull’edilizia per puntellare la certezza della pena. Nelle carceri come in campagna elettorale.
Ileana Sciarra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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