L’inflazione torna a salire nell’Eurozona, senza scossoni e pure lievemente meno che nelle attese degli economisti, con un +2,3% a novembre in aumento rispetto al 2% del mese precedente. È il dato, il più alto degli ultimi quattro mesi, fotografato nella stima flash diffusa ieri da Eurostat, l’agenzia di statistica dell’Unione, che vede al tempo stesso l’Italia con l’1,6% tra i principali Paesi della zona euro dove il caro-prezzi continua a mantenersi al di sotto del valore medio della zona euro. Sulla stessa scia la Francia, all’1,7%, mentre Germania e Spagna sono poco sopra, al 2,4%. Anche per l’Italia, tuttavia, si tratta di un aumento rispetto all’1% che Eurostat aveva calcolato per il mese scorso, confermato pure dai numeri diffusi ieri dall’Istat (+1,4%, trainato dal carrello della spesa, cioè la parte di paniere che raggruppa i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona).
LE VARIAZIONI
Ma si tratta di una risalita dell’inflazione «largamente attesa», commenta una nota dell’ufficio studi di Confcommercio: «L’assenza di apprezzabili impulsi inflazionistici è testimoniata dalla sequenza delle variazioni congiunturali negative o nulle negli ultimi tre mesi», mentre «se qualche tensione sui prezzi c’è, essa è confinata alle componenti volatili, come energia e carburanti, e non è di intensità tale da minare le prospettive di una variazione dei prezzi» che dovrebbe mantenersi entro la soglia del 2% perseguita dalla Bce.
Tornando alla lettura di Eurostat, a registrare il tasso di inflazione più elevato nell’Eurozona a novembre sono stati i servizi (3,9%), seguiti da alimentari e tabacco (2,8%), mentre l’incremento più significativo l’ha fatto registrare l’energia (passata dal -4,6% di ottobre al -1,9% di novembre).
L’accelerazione del tasso d’inflazione al 2,3% era, come si diceva, attesa — anzi, il consenso degli economisti scommetteva su +2,4% -, come parte di un percorso accidentato anticipato più volte nei suoi interventi dalla presidente della Bce Christine Lagarde. Ma fornisce comunque armi tanto alle colombe quanto ai falchi dell’Eurotower di Francoforte, ad appena due settimane dall’ultima riunione dell’anno del consiglio direttivo, il 12 dicembre, chiamato a nuove decisioni di politica monetaria. Per il vicepresidente della Bce Luis de Guindos, citato da Bloomberg, c’è comunque da esser fiduciosi che il ritmo dei prezzi continuerà la tendenza a rallentare nei prossimi mesi, un assist a ulteriori tagli dei tassi d’interesse da parte dell’istituto centrale soprattutto di fronte a una congiuntura economica debole e che potrebbe presto dover fare i conti con dazi commerciali generalizzati evocati dal presidente-eletto degli Stati Uniti Donald Trump.
IL PROCESSO
La tedesca Isabel Schnabel, componente del consiglio direttivo, ha avvertito questa settimana che bisognerebbe rimanere cauti nel processo di riduzione del costo del denaro; un riferimento all’ipotesi di un primo maxi-taglio di 0,50%, come fatto dalla Banche centrali di Canada e Nuova Zelanda, al posto del consueto e cauto -0,25% visto da giugno in poi (con un pausa a luglio).
Tra i dati pubblicati ieri dall’Istat, anche quelli relativi al comparto produttivo: a settembre, per il quinto mese consecutivo, in Italia si è registrato un calo nel fatturato dell’industria, che ha perso lo 0,3%, al livello più basso dal gennaio 2022, mentre per i volumi è sceso dello 0,1% sul livello minimo dal febbraio 2021. Domina il segno meno anche per la bilancia commerciale: a ottobre si stima un calo dell’export extra-Ue del 3,5% e un aumento delle importazioni dell’1,1%.
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