Una notte da diez. Quel numero spesso e volentieri dribblato in carriera e che invece potrebbe rappresentare un nuovo inizio. In questi giorni con l’Argentina, aspettando la Roma. Il gol, non banale, del 3-0 di Dybala contro il Cile l’altra notte, è una ripartenza. Paulo volta pagina, definitivamente. L’Arabia con i suoi 75 milioni tentatori ormai è soltanto un lontano ricordo. Non si ha forse la percezione di cosa voglia dire indossare la camiseta 10 della Selección per un argentino. È il numero del Pibe Maradona, quello di Messi, sempre e rigorosamente al presente. Non esiste il passato prossimo o remoto per leggende come Diego e Leo. Un po’ come Totti a Roma. A Buenos Aires, la numero 10 è mas que una camiseta. Sì è più di una maglietta. E indossarla a Buenos Aires, all’Estadio Monumental, davanti alla sua gente e agli occhi della moglie Oriana, è stato come tornare bambini: «La 10 so che non è la mia maglia, tutti sappiamo che è quella di Leo, io cerco solo di rappresentarla nel miglior modo possibile, di entrare in campo per dare il massimo e credo di poterlo fare. Farmela indossare è stata una decisione presa dallo staff tecnico, alcuni ragazzi dicevano che sarebbe dovuta toccare a me… Non sapevo se accettarla o no, perché comunque è una grande responsabilità. Non pensavo neanche di esserci, ad un certo punto pensavo che non sarei più tornato qua. Invece eccomi di nuovo, ho giocato e quando uno ha questa maglia sulla pelle può solo dare il massimo». Un gol che ci voleva. L’estate vissuta in bilico, la sensazione prima di non essere più gradito e poi di essere uno dei tanti, è stata spazzata via da quel tiro sul primo palo che ha sorpreso il portiere cileno Arias. L’Argentina è volata così a 18 punti in 7 gare nelle qualificazioni ai mondiali e martedì notte è attesa dalla Colombia. Paulo aspetta il suo momento, di nuovo. Come nella Roma.
DOPO LA SOSTA
E chissà che in giallorosso questo non arrivi già a Genova, alla ripresa del campionato. Dovbyk lamenta problematiche muscolari, è in dubbio per Marassi e l’argentino si scalda. Per giocare magari come falso nueve o per far coppia con l’amico Soulé sarà De Rossi a deciderlo. Che sia 4-3-3 o 3-5-2 poco importa. Paulo vuole giocare. Per molti tifosi, deve. Ma la decisione spetta a Daniele. Una cosa è certa, questi sono/saranno i giorni di Dybala. Con le coppe dietro l’angolo, pronte a ripartire, si capiranno tante cose. Se, ad esempio, pesano o meno nell’impiego dell’argentino quelle presenze da 45 minuti al raggiungimento del 50% delle quali, nel triennio giallorosso, scatta automaticamente il rinnovo fino al 2026. Più che al club, tocca a Dybala fare chiarezza. Sì, proprio all’argentino. Sembra un paradosso ma non lo è. Perché se la Joya torna a fare la differenza, quello che del resto in carriera gli è sempre riuscito naturale, non può non giocare. Per numero di gol, giocate e assist nella Roma è unico. Deve ricominciare a ribadirlo. E poco importa se ha perso qualche gradino nella scala della titolarità in questo avvio di stagione. I campioni sono tali perché si riprendono quello che è loro. In questo caso una maglia da titolare. Non può esistere una scelta tecnica che escluda Dybala. Lo sa Paulo ma ne è consapevole soprattutto De Rossi che di lezioni non ha bisogno. Paulo è ripartito in Nazionale, ora deve farlo anche nella Roma. Serve buttarsi alle spalle la malinconia delle ultime settimane, le incomprensioni, gli spezzoni di partita, tornando a fare quello che gli riesce meglio, giocare a pallone: «Mi sento bene e voglio continuare a lottare e vincere con l’Argentina e con la Roma», le parole dell’altra notte. Con la Selección ha già iniziato. Ora tocca replicare in giallorosso. Voltando pagina, una volta per tutte.
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