Con il Medio Oriente in ebollizione, ora i timori del governo italiano si spostano anche sulla missione italiana in Libano. La violenta uscita di scena del capo politico del movimento islamista Hamas, Ismail Haniyeh, ucciso in un attacco missilistico israeliano, e l’attentato del 27 luglio che ha colpito un campo di calcio sulle alture del Golan, provocando la morte di 12 ragazzi israeliani, aprono una nuova fase del conflitto. E il ministro della Difesa Guido Crosetto si è detto ieri «preoccupato» per la sicurezza dei militari italiani del contingente Unifil, ovvero le truppe Onu che hanno lo scopo di monitorare il ritiro delle forze israeliane dal Libano e ristabilire la pace e la sicurezza nell’area.
I MILITARI ITALIANI
«La presenza dei 10mila militari di Unifil in Libano può essere l’elemento che non consente lo scontro diretto, può essere l’elemento di pacificazione, certo con le garanzie di sicurezza per il personale per il quale la mia preoccupazione è costante: non c’è giorno in cui io non mi chieda “e se succede qualcosa ai nostri 1.200 militari?”». È quanto ha dichiarato ieri il ministro, riportando alla Camera quanto scritto nel documento conclusivo della Nato, redatto a Washington durante il summit del mese scorso, a cui Crosetto ha preso parte insieme alla premier Giorgia Meloni e al ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Nonostante la tensione nell’area sia elevata dal 7 ottobre scorso, secondo il titolare della Difesa, i militari italiani «non sono un target diretto», ma potrebbero comunque «essere coinvolti incidentalmente negli scontri tra le parti». Per questo motivo il ministro avrebbe già espresso preoccupazione agli omologhi israeliano e libanese.
La situazione è «delicata e potenzialmente molto pericolosa» insiste Crosetto – e gli sviluppi recenti hanno «innalzato ulteriormente la tensione» in un’area già critica dove Hezbollah, «sfidando la risoluzione dell’Onu, ha costruito avamposti e depositi di armi nel sud del Paese, approfittando della mancata azione di Unifil».
Il ministro ha sottolineato di aver già avviato contatti con l’Onu per sollecitare misure urgenti che garantiscano la sicurezza del personale e assicurino il corretto svolgimento della missione: «Abbiamo aggiornato i piani di evacuazione e confermo che continueremo ad operare. L’Onu deve ribadire che quei soldati non sono alleati di una delle due parti, sono lì a garantire che il conflitto non deflagri in qualcosa di più ampio» ha segnalato il titolare della Difesa.
Tra i vari temi che sono stati trattati, c’è stato anche quello della guerra In Ucraina: «A Washington l’Italia ha confermato il fermo sostegno A Kiev – ha rinnovato Crosetto – Con il nono pacchetto di aiuti abbiamo donato strumenti militari che hanno scopo di difesa, non di attacco e, di certo, non sul suolo russo», ribadendo ancora una volta il no alla linea Stoltenberg per evitare un confronto diretto con Mosca.
Ma il conflitto in corso ha messo in evidenza anche le criticità dell’Europa (e della Nato) di fronte a una crisi di questa portata: «Uno degli insegnamenti più significativi tratti dal conflitto Russia-Ucraina – ha affermato il ministro meloniano – è che la difesa transatlantica non è attualmente in grado di soddisfare la domanda che nasce dall’esigenza di ampliare le scorte». Per questo, Crosetto è ritornato sul tema del fatidico 2 per cento, ovvero la soglia di investimenti che l’Italia ha promesso di raggiungere per la difesa Nato. «Abbiamo confermato il nostro impegno a raggiungere il 2% in modo graduale, ma è improbabile che riusciremo a farcela entro il 2028. Abbiamo presentato le nostre difficoltà. Tuttavia, il nostro continua ad essere un contributo operativo di primo piano nella Nato, con le nostre truppe su molti fronti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this