01.07.2025
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Politics

In 200mila al Pride di Budapest. Tensioni ma nessuno scontro


LA GIORNATA

ROMA Un “campo largo” oltre confine e in versione arcobaleno. Nella piazza antistante il municipio di Budapest, alle 15 in punto, non manca proprio nessuno. C’è la delegazione dem capitanata da Elly Schlein, e quella di Azione con in testa Carlo Calenda. Per Italia viva marcia Ivan Scalfarotto, per Alleanza Verdi sinistra, l’europarlamentare Benedetta Scuderi. Alessandra Maiorino, coordinatrice diritti del M5S, guida il gruppo dei pentastellati. Tra la folla, Matteo Hallissey, presidente di Più Europa, stringe un cartellone che raffigura il presidente ungherese stretto tra Trump e Putin: «Anche Orban ha due papà». Insieme alla delegazione italiana — composta dalle opposizioni- sono decine i rappresentati politici da tutta Europa che hanno aderito alla marcia del pride nel cuore della capitale ungherese, sfidando il divieto di Viktor Orban a tutela della “protezione dei minori». Una stretta, quella imposta dal governo con le nuove norme (fino a un anno di carcere per gli organizzatori e 500 euro di multa per ogni partecipante), che è stata percepita fin da subito come un passo indietro per i diritti lgbtqia+, e una seria minaccia per la libertà di manifestazione e pensiero.

LE TELECAMERE
A riprova, le telecamere installate e apparse sui lampioni lungo il percorso previsto per la marcia, a fini identificativi. Poco importa che il sindaco di Budapest, Gergely Karacsony — alla guida del corteo di duecentomila manifestanti — avesse assicurato che nessun partecipante avrebbe potuto subire ritorsioni, trattandosi di un evento municipale per cui non è prevista l’autorizzazione della polizia. Nonostante i timori, non si è verificato nessuno scontro aperto con la contromanifestazione dell’ultradestra — quella sì, autorizzata dal governo. I momenti di tensione, comunque, non sono mancati: come il blocco del ponte Szabadsag, da parte dei militanti del partito estremista ungherese Patria Nostra.

Più di altre parate, quella di Budapest si è fatta carico di un significato squisitamente politico: difendere i diritti comunitari da limitazioni e attacchi autoritari. Lo dice chiaro la leader del Pd, Elly Schlein, in una conferenza stampa a fianco della presidente del gruppo S&d al Parlamento europeo, Iratxe Garcia Perez: «Vietare il pride è una violazione dei diritti costituzionali europei». Per questo, spiega la pentastellata Maiorino, la grande partecipazione è un «segnale a tutti i despoti del mondo». A preoccupare è anche la vicinanza alla Russia: «Il rapporto tra Orban e Putin è sempre più forte e sta importando il “virus” dell’autocrazia identitaria in Europa», dice al Messaggero, il leader di Azione, Carlo Calenda. Che pochi minuti prima dell’avvio del corteo si è intrattenuto con la leader dem. «Le libertà civili non sono nazionali, sono europee», dà man forte Hallissey — in piazza al fianco di Momentum, il partito ungherese di orientamento liberale — che pure, insieme con altri italiani, non ha rinunciato a intonare “Bella Ciao”. Il richiamo all’Europa torna anche nei cartelli contro la presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen, nonostante i moniti rivolti al leader ungherese per eliminare i divieti: «Ursula, proteggi Orban o la democrazia».

Europa, ma non solo. La partecipazione al corteo di Budapest ha aperto anche un fronte interno, di polemica con la maggioranza. «Nel mio paese, in Italia si stanno bloccando leggi contro l’omofobia», ha detto Schlein. Mentre il responsabile diritti dem, Alessandro Zan ha puntato dritto contro la premier, Giorgia Meloni, che «resta in silenzio», schierandosi «dalla parte sbagliata della storia», quella di Orban.

Dal centrodestra a schierarsi in difesa dei manifestanti è soprattutto Forza Italia, rivendicando, per bocca di Alessandro Cattaneo, le «battaglie liberali», ingredienti del «buon europeismo». Ma pure il meloniano Tommaso Foti, a Rai Radio 1, non schiva l’argomento, sottolineando che quello che «bisogna tutelare è la libertà di manifestare. La qualcosa — aggiunge — non implica obbligo di condividere e tantomeno di partecipare». Dal centrodestra le polemiche sono rimesse ai mittenti e spostate sulle altre manifestazioni andate in scena in contemporanea in altre parti d’Italia, e con numerose bandiere della Palestina: «A Milano una sfilata pro-Hamas», la definisce l’esponente di Fdi, Riccardo De Corato, ricordando la decisione della brigata ebraica di non partecipare: «Altro che Pride».

Valentina Pigliautile

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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