Nessuno si muova. A questo punto è una questione di principio. A Roma considerano «un ricatto» la richiesta israeliana di spostare le truppe Unifil. Di più: ai vertici del governo, nelle ore successive all’attacco deliberato contro le postazioni Onu presidiate anche dagli italiani, si è fatta strada una convinzione. Benjamin Netanyahu vuole fare piazza pulita.
Liberare il confine Sud del Libano per avere campo libero a un’invasione di terra senza gli occhi indiscreti delle forze di interposizione. Sono ore di grande tensione sull’asse Roma-Tel Aviv. Il livello di allerta dei Caschi Blu rimane 3: nessun movimento fuori dai bunker, elmetto e giubbotto antiproiettile sempre indossati. I piani di evacuazione dei 1076 soldati connazionali sono stati aggiornati, la Marina, come si dice in gergo militare, è in uno stato di «massima prontezza». E come anticipato dal Messaggero diverse unità navali, fra le altre le navi anfibie San Giusto e San Marco, sono state preallertate per una complessa operazione di esfiltraggio dei militari dal porto di Naqoura.
Per ora però l’ordine è: restate ai vostri posti. Da settimane gli israeliani fanno pressing sulle autorità italiane, nei briefing giornalieri sulla situazione nella Blue line che coinvolgono militari, diplomatici, agenzie di intelligence. Due settimane fa la richiesta perentoria: spostate le truppe nelle basi a Nord, a Sud bombarderemo. A cui i vertici italiani, così come degli altri contingenti (tra gli altri l’irlandese e i francesi) hanno risposto un secco no. Non ci sono le condizioni per muovere eserciti così imponenti mentre in cielo fischiano i missili e tra i monti e le macchie boschive del confine Su d Hezbollah prepara imboscate, punta i lanciarazzi. Ieri il nuovo ultimatum di Tel Aviv: spostatevi di cinque chilometri a Nord. E un altro no, inamovibile, da parte dei Paesi europei che muovono le fila di Unifil. La premier Giorgia Meloni è rimasta molto impressionata dall’attacco a Naqoura e alle altre postazioni Onu che di un soffio ha mancato i Caschi blu italiani. La sensazione è che Netanyahu non abbia più freni inibitori e che voglia sfruttare il limbo delle elezioni americane, la distrazione e la debolezza degli Stati Uniti da qui al 5 novembre. Il più infuriato è Guido Crosetto: da tempo il ministro della Difesa mette in guardia dal rischio che corrono i nostri militari sul campo. Già a novembre del 2023, un anno fa, batteva i pugni sul tavolo con il vicesegretario Onu Pierre Lacroix, cui ieri ha scritto una missiva di fuoco. Un atto deliberato, lo pensa e lo dice ad alta voce Crosetto commentando l’affronto israeliano.
I SOSPETTI
E c’è un indizio pesante a corroborare le accuse alle forze di Tel Aviv. Mercoledì sera hanno colpito e oscurato i sistemi di sorveglianza della base 1-31 e 1-32 A con «il tiro di armi portatili». Un colpo mirato. Sono telecamere collegate alle altre postazioni Onu, “occhi” fondamentali per studiare le mosse intorno alle basi militari. Occhi scomodi, di troppo, ora che l’Idf ha intenzione di trasformare un’operazione «limitata» in un’invasione di terra a tutto campo per sradicare per sempre Hezbollah, a qualunque costo. A Roma lo considerano «un azzardo» pericolosissimo. Ma sanno anche che una volta terminate le incursioni israeliane, la fascia blu non potrà rimanere in balia di se stessa: Hezbollah riprenderebbe da un giorno all’altro le sue postazioni, piazzerebbe lancia-missili e scaverebbe nuovi tunnel lungo il confine Sud. Per questo, per ora, nessuno si muove.
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