Perfino la Francia fa meno figli. Il paese del quoziente familiare nella dichiarazione dei redditi, la patria delle «allocations familiales», gli assegni familiari in arrivo dal secondo figlio, la nazione dei libri scolastici gratuiti fino al liceo, degli asili nido per i bébé dai tre mesi, dei congedi di maternità e paternità, dà segni di stanchezza. «Stiamo indagando, ma non siamo ancora in grado di spiegare perché la natalità diminuisce», spiega Chloé Tavan, demografa all’Insee, l’Istat francese. All’inizio è sembrata una conseguenza del Covid, ormai è una tendenza: in base ai dati definitivi, il 2023 ha registrato un calo del 6,6 per cento rispetto al 2022, che già era stato l’anno con il livello di nascite più basso dal dopoguerra.
Nonostante i dati in calo, la Francia resta comunque il campione delle nascite in Europa. Merito delle storiche politiche di aiuto alle famiglie?
«L’effetto delle politiche familiari sulla natalità è estremamente difficile da valutare, è un legame molto complesso. Intanto le forme di intervento possono essere molto diverse tra loro. I vantaggi possono essere in natura — per esempio sgravi su babysitting e asili nido — giuridici — come i congedi parentali e l’assicurazione di ritrovare il posto di lavoro — fiscali ed economici. Gli studi realizzati dimostrano tuttavia che gli aiuti fiscali, come il quoziente familiare, oppure gli aiuti economici, come gli assegni familiari, le famose “allocation familiales” hanno un impatto soltanto marginale sul tasso di natalità».
Ci sono degli strumenti di intervento che invece hanno dimostrato efficacia nell’incoraggiare la natalità o nell’arginare la diminuzione della propensione a fare figli?
«Di sicuro tutti gli aiuti che favoriscono la partecipazione delle donne al lavoro e il sostegno alla piccola infanzia, coma la creazione di posti negli asili nido o presso assistenti materne, hanno invece un impatto maggiore».
In compenso è possibile stabilire le cause di una fecondità in discesa libera ormai da anni, in molti paesi, come l’Italia o la Spagna?
«In Francia è dagli anni 2010 che assistiamo a un’inflessione nelle nascite. I paragoni tra i paesi sono difficili, perché molto dipende dalla struttura della popolazione, dalla sua età media, da quante madri potenziali — ovvero donne in età di avere figli — ci sono. Quello che abbiamo osservato in Francia, e che probabilmente è un fenomeno anche più generale, è che al di là del numero di madri potenziali, è la propensione in generale a fare figli che diminuiscine. Questa diminuzione è trasversale, la osserviamo in tutte le regioni, in tulle le classi di età (escludendo solo le donne over 40) in tutte le classi socioeconomiche, non soltanto le meno abbienti. Possiamo naturalmente evocare un contesto difficile, una situazione geopolitica ansiogena, le ricadute economiche dell’inflazione, gli effetti della crisi sanitaria. Ma non sono spiegazioni oggettive e verificate».
L’immigrazione ha svolto un ruolo positivo in questa Francia storicamente campione di famiglie numerose?
«In realtà il contributo della popolazione immigrata alla fecondità in Francia è minimo, vista anche la percentuale di immigrati sul totale della popolazione. Inoltre si ha tendenza a osservare che i comportamenti degli immigrati convergono presto verso i comportamenti del paese in cui arrivano, anche per quanto riguarda il numero di figli».
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