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Luca Telese. Giornalista, conduttore, scrittore e «artigiano per passione», parla della sua infanzia nelle sezioni del PCI, dell’amore con Laura Berlinguer e del matrimonio finito, del figlio Enrico e del rapporto con colleghi noti, come Lilli Gruber e Giovanni Floris in un’intervista al Corriere della Sera.
Il matrimonio con Laura Berlinguer
Sul rapporto con Laura Berlinguer, Telese è affettuoso e riconoscente: «Ci siamo conosciuti lavorando a Cronache Marziane, un programma demenziale».
Di quell’unione finita rimane Enrico, «il frutto più bello della mia vita», dice il giornalista, spiegando che fu lui a scegliere quel nome: «Laura acconsentì solo perché il cognome sarebbe stato diverso da suo padre». Quando la coppia si è sposata, Cossiga – che li aveva fatti conoscere – non c’era più. E al loro matrimonio, in campagna, «non volevamo vip, solo amici veri». Ma la pandemia e i lutti familiari hanno minato anche un’unione solida: «Amore forte e passione per nostro figlio non sono bastate. Ora ho una splendida compagna, Miriam: lavora all’Enel».
I colleghi
Non mancano riflessioni pungenti sui colleghi. Su Lilli Gruber, dice: «È la più stakanovista. Più eroica di lei c’è solo Barbara D’Urso, che viveva dentro lo studio di Cologno Monzese: due stanze, palestra, cucina con isola». Su Marco Travaglio, nonostante le divergenze, ammette: «Un genio, un computer umano. Abbiamo litigato per un titolo, ma forse oggi mi darebbe ragione». E a chi gli chiede della collaborazione con Giovanni Floris, risponde con autocritica: «Ero un giovane gradasso, lui invece è di una correttezza incredibile». Su Marianna Aprile, con cui condurrà In Onda da giugno, dice: «Esprime valori etici anche quando appoggia il casco in redazione».
La militanza
Il cuore di Telese resta rosso, come racconta nei passaggi più commossi dell’intervista. Nato a Cagliari nel 1970, con sangue sardo e napoletano nelle vene, è cresciuto nelle sezioni del PCI: «Mia madre era femminista, iscritta al partito. Ero con lei quando fu uccisa Giorgiana Masi. Avevo sette anni». Un ricordo che l’ha segnato, come il funerale di Enrico Berlinguer nel 1984: «Abitavo a Cinecittà Est. Guardavo dal Raccordo se arrivavano i pullman dal Sud. Il giorno dopo mi iscrissi alla Fgci». Alla scorta di Berlinguer ha dedicato un libro: «Una volta vollero conoscere mio figlio: fu una cena intensa, volevano sapere in che mani sarebbe cresciuto il piccolo Enrico».
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