Il calcio è spesso una questione di famiglia. Può dividerle, può unirle. Fra fratelli si possono tifare squadre diverse, alcuni possono giocare in squadre diverse e rivali, come succede oggi in Serie A per Marcus e Khephren Thuram, rispettivamente all’ Inter e alla Juventus. Altri possono ritrovarsi, per vicende di vita, a giocare per nazionali diverse, come successe per Kevin-Prince e Jerome Boateng, fratelli che indossarono le maglie del Ghana l’uno e della Germania l’altro. In questo momento storico spicca la storia di Mahmoud Jaber, calciatore arabo che questa sera affronterà l’Italia con la nazionale israeliana, e del fratello Abdallah, che è stato giocatore e anche capitano della Palestina.
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Abdallah
Nati a Tayibe, una piccola cittadina israeliana al confine con la Cisgiordania, in una famiglia araba musulmana, l’altra religione di famiglia era il calcio: sia il padre che il nonno sono stati giocatori importanti a livello locale. Abdallah, terzino sinistro classe 1993, cresce nel sistema calcistico giovanile israeliano, nell’Hapoel Kfar Saba, facendo anche qualche sporadica apparizione nelle serie maggiori del paese, prima di passare il confine. Gioca per l’Hilal Al-Quds di Gerusalemme e l’Ahli al-Khaleel di Hebron. In questi anni accetta la convocazione per la nazionale palestinese, con cui raggiunge 56 presenze giocando anche le qualificazioni ai mondiali e le Coppe d’Asia del 2015 e 2019. Indossa anche la fascia di capitano e diventa un idolo fra Cisgiordania e Striscia di Gaza. Nel 2020, però, viene escluso dalla nazionale a cui ha dato tanto. Il motivo è il suo passaggio alla squadra israeliana Hapoel Hadera. Passa poi al Bnei Sakhnin, il club di maggior successo fra i quelli arabi di Israele, con cui raggiunge l’Europa Conference League.
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Mahmoud
Il più piccolo dei due, centrocampista centrale classe 1999, è sempre stato considerato uno dei maggiori talenti del calcio israeliano, entrando molto presto nelle giovanili di uno dei più importanti club del paese, il Maccabi Haifa, nel quale gioca tutt’ora. «Se tifo per lui? Che domanda, lo amo. Sono pronto a sacrificare qualsiasi cosa per lui», ha detto il fratello Abdallah prima del suo esordio in prima squadra. Convocato da Israele per la prima volta nel 2022, col tempo le aspettative su di lui si sono ridimensionate. Il ct Ran Ben Shimon ha comunque ritenuto di chiamarlo per queste partite di Nations League e col Belgio ha giocato 22 minuti.
Una storia di contrasti, inserita in un conflitto che va avanti da quasi ottant’anni, ma anche di un amore fraterno che il calcio non riesce a scalfire, anzi…
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