Appena un inciso. «Così importante per l’Italia». Sta tutta qui, in cinque parole, la mossa di Sergio Mattarella per riportare sui giusti binari la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione europea. A poche ore dal deragliamento spagnolo che ha finito con il mettere a rischio l’indicazione del ministro ai vertici della nascente squadra di Bruxelles, la frase inserita dal presidente della Repubblica nel comunicato che ha seguito il faccia a faccia di mezz’ora avuto ieri con il ministro al Quirinale finisce con l’apparire un mirino puntato su alcuni degli attori con una parte in commedia. Più che su quei Paesi tra i Ventisette che stanno provando a boicottare l’indicazione di Fitto, su chi tra gli italiani non è proprio convinto che il ministro del Pnrr e degli Affari Ue debba coprire l’incarico all’interno della seconda Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Un modo “politico” di intendere le azioni di Mattarella che, nel centrodestra, vedono rafforzato da un semplice dato: il Capo dello Stato aveva già ricevuto il ministro per congratularsi dell’incarico a settembre scorso.
Non solo Fitto però. All’indomani del durissimo intervento pronunciato nei confronti di Elon Musk, l’attenzione del Colle pare fissata anche su coloro che agitano ad ogni occasione lo spettro di una sua presunta imparzialità.
L’IDENTIKIT
Nel primo caso l’identikit sembra rispondere in tutto e per tutto a quello del Partito democratico. A loro (ma pure al Movimento 5 stelle e ad Avs), il Presidente pare rivolgere un monito indiretto: l’Italia non può permettersi di sciupare l’occasione di sedersi sulla poltrona di vicepresidente esecutivo a rue de Berlaymont. E, quindi, Elly Schlein e i suoi dovrebbero vincere le proprie remore e sostenerlo quando dovranno essere i rappresentanti dem all’Europarlamento a dire la sua a Strasburgo.
O meglio, come spiega chi a via della Scrofa prova a leggere per primo le parole del Capo dello Stato con le lenti del centrodestra, «il Pd dovrebbe esprimersi apertamente e smetterla di tramare alle spalle del loro Paese». Anche perché, ci si interroga in FdI, «come faranno ora a votare contro Fitto?» Oppure, declinando senza stiracchiamenti ideologici le parole del Presidente della Repubblica, dovranno convincersi che Fitto oggi non possa essere inteso semplicemente come il candidato alla Commissione europea espresso dal governo, ma come colui che rappresenterà a Bruxelles l’intero Paese.
Un ragionamento che ieri è in qualche modo stato rivolto ai dem anche da Giorgia Meloni quando è salita sul palco del comizio perugino per le Regionali di domenica e lunedì («Il Pd chiarisca la sua posizione, sarebbe da persone serie»). Almeno per il momento però Schlein pare preferire non cogliere l’affondo per continuare a giocare la partita che vede coinvolti i socialisti spagnoli anche a discapito dell’Italia: «Non sono io a dover rispondere ma lei ai cittadini dei tagli alla sanità e alla scuola» ha detto a chi le chiedeva conto delle parole della presidente del Consiglio.
IL RISPETTO
Una parte però, non è il tutto. E quindi, contrapposizioni del momento a parte, il messaggio piovuto nel pomeriggio dal Colle più alto di Roma è tornato utile a Mattarella anche per smontare la narrativa che lo vorrebbe ciclicamente in rotta con l’esecutivo oppure — come nel caso di Fitto — con i partiti di minoranza.
E quindi, ad esempio, anche l’incontro di ieri è da intendersi solo come «la conferma — trapela dal Quirinale — che in qualunque modo si muova il Presidente lo fa nel rispetto degli interessi del Paese». Se è vero che dietro al messaggio sulla formazione della nuova Commissione Ue non c’è da leggerci irritazione nei confronti con il Partito democratico, lo è però pure che mercoledì non c’è stata la volontà di “attaccare” Meloni quando ha ricordato al multimiliardario trumpiano Elon Musk che «L’Italia sa badare a se stessa nel rispetto della Costituzione». Niente di personale, insomma.
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