Giordano Bruno Guerri, il 25 aprile va ancora e sempre di più ricordato, secondo lei?
«Ma certo, è una data importantissima della nostra storia. Capita però che si sbagli nel ricordarlo, facendone uno strumento di politica attuale. È sempre stato così, ma questo fenomeno diventa ossessivo quando c’è un governo di centrodestra. Prima con Berlusconi e ora con Meloni».
E quindi, sobrietà-sobrietà-sobrietà?
«Il ministro Musumeci ha usato un aggettivo impreciso: sobrio. Io credo che però volesse dire una cosa saggia a proposito della celebrazione del 25 aprile: non ripetiamo le solite polemiche e facciamone veramente una festa di pace. Secondo me, dev’essere appunto una festa di pace, perché è questa che serve alla politica e alla cultura italiana».
Non basterebbe, a questo scopo, che Meloni si dichiarasse una volta per tutte anti-fascista e così nessuno la importuna più?
«Lei anti-fascista lo è. Ma si ribella all’estorsione e al tormentone. All’obbligo di dover dire quello che le impongono di dire. Le posso raccontare una cosa che mi è capitata?».
Prego.
«Ero da Corrado Augias a parlare del mio libro “Benito. Storia di un italiano”. Il conduttore mi fa: dica che è un anti-fascista».
E lei?
«Non ho alcun problema, gli ho risposto, a dirle che sono anti-fascista, anche perché sono molto di più che anti-fascista: sono un libertario. Per quanto riguarda Meloni, e chiunque altro, mi sembra assurdo e irricevibile che vengano chieste, anzi che vengano pretese, professioni di fede».
Fino a poco prima della Liberazione in Italia erano tutti fascisti — o meglio: mussoliniani, come lei sostiene nel suo ultimo libro — e subito dopo tutti anti-fascisti. Siamo dei voltagabbana?
«La guerra persa, l’alleanza distruttiva con la Germania, il fascismo responsabile di tutto, io capisco che un povero cristo che deve campare abbia detto: io non sono stato fascista, me lo hanno imposto. Il problema è che la cultura del nostro Paese per tanti decenni non ha elaborato l’essere stati fascisti, anzi mussoliniani. Lei ricorderà che nel 1976 uscì il libro di de Felice sul consenso al fascismo e nello stesso anno venne pubblicata la mia biografia di Bottai in cui si diceva che c’era stata una cultura nel fascismo. Sembrava che De Felice e io avessimo bestemmiato in chiesa».
Ora tutti però, anche a sinistra, condividono quelle tesi.
«Sì, ma sono trascorsi quasi cinquant’anni. Ho la speranza che tra cinquant’anni, il tormentone del devi definirti anti-fascista finirà».
Perché è divisiva la festa del 25 aprile?
«Perché da una parte c’erano i vincitori e dall’altra gli sconfitti. E poi perché il 25 aprile è stato osteggiato in quanto festa di cui si sono appropriati i comunisti, mentre la Resistenza non fu soltanto dei comunisti. Il Pci, tramite quella celebrazione, voleva dire: l’Italia l’ho fatta io ed è mia. Si cercò, anche attraverso il mito della Liberazione, di isolare il Msi fuori dall’arco costituzionale. Fu un errore».
Con quali conseguenze?
«Quella di rallentare molto l’evoluzione della destra. Quando poi Berlusconi a inizio anni ‘90 avrebbe — mi si passi la parolaccia — sdoganato la destra accadde che il partito di Fini si normalizzò. Sarebbe potuto accadere prima».
La Liberazione viene troppo poco vissuta come viva e vegeta e si fatica a trasmetterne il valore ai giovani. Dove abbiamo sbagliato?
«È molto difficile trasmettere dei sentimenti legati a un’idea alta e profonda. È così per ogni fenomeno. Basti pensare al concetto di libertà. Viene inteso come libertà di fare ciò che si vuole. Invece, è qualcosa di molto di più. Voglio dire che cambiato il concetto di libertà e si è perduto il suo senso migliore. La maggior parte della gente intende per libertà l’uso di proprie piccole libertà personali. La libertà? È guidare dopo aver bevuto. O cose così. La libertà è il faccio quel che mi conviene».
C’è il paradosso che la libertà è minacciata nel Paese, gli Usa, che ci liberarono?
«Questo mi impressiona. Si parla sempre, e giustamente, della questione dei dazi. Invece quasi non sento parlare del gravissimo attacco alle università a cui Trump dice: insegnate quello che vi dico io, sennò vi tolgo i soldi. Questo è un problema di libertà da 25 aprile».
Gli Usa fascisti?
«Non dico questo. Dico che ci liberarono per restituirci, anche, il diritto di studiare liberamente. E ora cominciano a toglierselo loro».
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