Nei suoi primi cinque anni di attività Neva Sgr ha investito circa 250 milioni di euro in oltre 50 società altamente innovative e in forte crescita. La società di venture capital del Gruppo Intesa Sanpaolo, controllata al 100% da Intesa Sanpaolo Innovation Center, ha inaugurato nel 2024 due nuovi fondi, Neva II e Neva II Italia, che si sono aggiunti ai primi tre, Neva First per gli investimenti globali, Neva First Italia dedicato alle realtà nazionali e il Fondo Sei per lo sviluppo degli ecosistemi innovativi italiani. Ciascun fondo di Neva Sgr dispone di un comitato di investimento composto da esperti di settore indipendenti e di livello internazionale, il cui parere parere favorevole e determinante per le decisioni di investimento e di disinvestimento.
«L’anno scorso la valorizzazione dell’uscita dal capitale della società Cyberint ha reso possibile la prima distribuzione di capitale ai sottoscrittori del fondo Neva First», racconta il presidente di Neva Sgr, Luca Remmert.
Perché scegliere di investire nel capitale di rischio in un momento di forte incertezza dei mercati come quello attuale?
«Parliamo di una tipologia di investimento rischiosa e adatta ai clienti professionali, ma con una potenzialità, un livello di rendimento, che altri prodotti non sono in grado di proporre. Ecco perché il venture capital oggi non attrae solo investitori istituzionali, fondi e grandi famiglie imprenditoriali, ma anche clienti esperti privati che desiderano diversificare i propri investimenti».
Su quali società investite con i vostri fondi?
«Neva Sgr investe in società altamente innovative si impegna a risolvere le grandi sfide a livello globale in quattro aree chiave: Life Science, Climate Tech & Energy Transition, Digital Transformation e Aerospace & Manufacturing. Una di queste è Commonwealth Fusion Systems, spin-off del Mit di Boston che ha l’obiettivo di sviluppare energia da fusione. Sono queste le realtà che cerchiamo e selezioniamo. Il nostro lavoro consiste nell’intercettare società che possono vedere duplicare, decuplicare e addirittura centuplicare il loro valore in pochi anni».
Cosa fate per contenere i margini di rischio?
«Ogni anno valutiamo circa 500 aziende, dopodiché decidiamo di puntare solo su una decina di queste. Come avviene questa scrematura? Analizziamo attentamente il settore in cui lavorano, la posizione che lavora all’interno del loro segmento di attività, le capacità dei team e dei fondatori delle società. Terminata questa prima operazione di filtraggio, entra in azione il nostro comitato di esperti indipendenti, il cui lavoro di analisi va ancora più in profondità. I nostri esperti spaccano il capello in quattro prima di dare semaforo verde a un’operazione. Infine, mi lasci ricordare che abbiamo alle spalle il più grande gruppo bancario del Paese, che ci mette a disposizione le professionalità di cui un fondo di venture capital come il nostro ha bisogno per crescere e aiutare a crescere le realtà su cui investe».
Con il venture capital si possono favorire la ricerca e il ritorno dei cervelli?
«La collaborazione con centri di ricerca, università e investitori pubblici ci consente di contribuire allo sviluppo di un ecosistema italiano dell’innovazione e di offrire nuove opportunità di rientro ai ricercatori e agli imprenditori italiani che sono andati all’estero. Neva investe anche su aziende straniere, come la Tr1X, società biotech statunitense fondata dalla professoressa Maria Grazia Roncarolo impegnata nello sviluppo di cure per malattie autoimmuni e infiammatorie, che progettano di aprire una sede nel nostro Paese per compiere un ulteriore step di crescita».
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