Non è un mistero che Giorgia Meloni abbia deciso da qualche tempo di lasciare la presidenza del partito dei Conservatori europei. E non lo è neppure che il suo erede designato — a meno di colpi di scena dell’ultimo minuto — sarà il polacco Mateusz Morawiecki.
Come testimoniano i report al termine della kermesse del partito appena conclusa a Dubrovnik, in Croazia, l’ex primo ministro di Varsavia pare infatti essere riuscito a ricucire con la premier italiana dopo che con una serie di mosse avventate durante le trattative per i top jobs europei e con alcune fughe in avanti per prendersi la leadership del partito, era riuscito a crepare un rapporto solidificatosi negli anni.
I TEMPI
La novità, semmai, sta quindi nei tempi con cui questo passaggio di consegne si verificherà. Mentre Morawiecki spera di essere indicato già a dicembre (l’11 e 12 si terranno a Varsavia gli study days dell’Ecr, ma a Roma sarà in corso Atreju) nella speranza di aprire la campagna presidenziale polacca bilanciando con questa carica europea la lunga carriera a Bruxelles dell’arci-nemico Donald Tusk, Meloni continua a temporeggiare per almeno due motivi, entrambi dettati dalla cautela. Il primo è da ricercarsi nell’indicazione di Raffaele Fitto a commissario europeo che sarà ufficializzata ai primi di dicembre e solo dopo il superamento dell’audizione all’Europarlamento del 12 novembre.
La premier è da sempre convinta che la carica di commander in chief dell’Ecr le assegni una maggiore forza contrattuale ai tavoli europei. Dal suo punto di vista sarebbe quindi quanto meno avventato cedere la presidenza prima di aver ottenuto l’incarico a Bruxelles per l’attuale ministro del Sud, del Pnrr e degli Affari europei.
GLI STATI UNITI
Il secondo motivo è ancora più a lungo raggio. Un nuovo corso conservatore con a capo Morawiecki consentirebbe al partito di mostrarsi senza remore più vicino a Donald Trump. Svincolato dalla necessità di equilibri governativi, il leader polacco potrebbe portare più marcatamente nell’alveo del Tycoon il raggio d’azione del partito, senza cioè lasciare i galloni di trumpiani d’Europa ai Patrioti di Marine Le Pen, Matteo Salvini e, soprattutto, di Viktor Orbàn (che avrebbe invitato Trump al Consiglio europeo informale che si terrà a Budapest l’8 novembre prossimo). Anche qui, però, serve prudenza. Per quanto al di là dell’Atlantico si voti il prossimo 5 novembre non è affatto scontato che i risultati dello scontro tra Trump e Kamala Harris arrivino immediatamente. Un responso istantaneo ci sarebbe infatti solo nel caso in cui si verificasse una vittoria a valanga da parte di uno dei candidati. Eventualità che oggi i sondaggi paiono escludere, rimandando il pensiero ad alcune tra le più “interminabili” sfide a colpi di ricorsi che hanno caratterizzato la corsa per la Casa Bianca. Nel confronto Bush-Gore del 2000 ad esempio, il risultato si seppe solo a dicembre. E allora ecco che attendere qualche settimana in più per rinnovare i vertici dell’Ecr non pare una cattiva idea.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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