Notizie Nel Mondo - Notizie, affari, cultura Blog Politics i candidati Pd-5S dividono il centro
Politics

i candidati Pd-5S dividono il centro


LO SCENARIO

ROMA Dal Nazareno c’è chi prova a guardare il bicchiere mezzo pieno: «Mentre il centrodestraha ufficializzato solo un nome — quello di Acquaroli nelle Marche — il centrosinistra, in quasi tutte le regioni al voto, ha raggiunto un accordo. Dimostrazione che l’approccio unitario paga». Ma con un “piccolo” effetto collaterale: rendere plastici i distinguo interni alle forze centriste. Da un lato Italia viva, dell’idea che il bipolarismo sia un dato di fatto e che sia necessario unirsi per non lasciare a Meloni Palazzo Chigi «e soprattutto il Colle», come ribadito a La Stampa, da Raffaella Paita. Dall’altro, Azione e i paletti posti da Carlo Calenda: «Non ci saranno liste di Azione a sostegno di candidati dei 5S alle elezioni regionali. Allo stesso modo Azione non sosterrà candidati del Pd che si piegano ai programmi imposti dai 5S». Il resto è cronaca politica. Se il partito di Matteo Renzi è pronto a sostenere sotto varie forme — direttamente con il proprio simbolo o con liste civiche — i candidati schierati dal campo largo, quello di Calenda, almeno per il momento, sembra sfilarsi da quasi tutti i “terreni di gioco”. A partire dalle Marche, dove il dem Ricci ha dovuto dare garanzie di legalità ai pentastellati per via dell’inchiesta che lo coinvolge: qui Calenda ha deciso di dare libertà di voto ai suoi iscritti. Strappo più netto in Toscana, con il patto firmato da Eugenio Giani e Paola Taverna per il M5S, che impegna il presidente uscente a introdurre il reddito di cittadinanza regionale e a chiudere il rigassificatore di Piombino. Una resa ai diktat del M5S, secondo Calenda, che pure non si tradurrà nel sostegno al possibile sfidante di centrodestra, Alessandro Tomasi. Copione simile in Campania (unico caso in cui Azione potrebbe sostenere un candidato di centrodestra, se moderato) e Calabria, dove i due candidati scelti dal M5S, rispettivamente Roberto Fico e Pasquale Tridico, si dicono pronti a reintrodurre il Rdc. Pure in Puglia, però, il sostegno all’europarlamentare del Pd, Antonio Decaro, sembra essere tutt’altro che certo. Soprattutto se rimarrà in ballo l’ipotesi della discesa in campo dei già governatori Michele Emiliano e Nichi Vendola. Visto che, a detta dell’ex ministro del governo Renzi, il Pd sconta la «prostrazione davanti ai 5 stelle», ma anche «la sottomissione ai cacicchi locali». Stoccate a cui si oppongono i ragionamenti che filtrano dai dem: «Quando Schlein è arrivata alla segreteria, il M5S era sopra al Pd, ora è l’esatto opposto. Se questa è subalternità». Mentre qualcuno fa anche notare che, in molti casi, i rappresentanti locali di Azione hanno deciso comunque di sostenere il candidato del centrosinistra: «L’unità paga in termini di elettorato».

IL FRONTE NAZIONALE

Distinzioni e polemiche che, secondo alcuni, potrebbero trascinarsi oltre la dimensione territoriale. Soprattutto perché le urne regionali rappresentano, sia per la destra che per la sinistra, una prova di riscaldamento in vista delle politiche del 2027. Nella memoria di molti esponenti progressisti resta il ricordo del patto stilato tra Enrico Letta e lo stesso Calenda, disfatto nel giro di 24 ore e seguito dalla creazione del Terzo polo. I tempi e i sondaggi, certo, sono cambiati, anche se non mancano i tentativi, soprattutto dalla maggioranza, di “attirare” il partito di Carlo Calenda. Che da parte sua, destituisce di ogni fondamento l’ipotesi di un avvicinamento alla maggioranza: «Noi facciamo quello che abbiamo detto agli elettori: un centro liberale», dice al Messaggero, ridimensionando il peso delle scelte regionali sul fronte nazionale: «Quello delle regioni è un sistema elettorale che non ha nessun spazio per candidati terzi, quindi la nostra logica è semplice: se c’è una coalizione che convince la appoggiamo, altrimenti non ci presentiamo». Se c’è chi crede nell’ipotesi di una “tenda riformista” che supporti il centrosinistra, come quella messa in piedi in Campania da Manfredi, altri come Luigi Marattin, segretario del partito liberaldemocratico, credono che ci sia ancora spazio per un Terzo polo autonomo: «Quello passato — spiega — è imploso non per mancanza di domanda ma per problemi connessi a come è stata costruita l’offerta». Si vedrà, tra due anni, chi avrà ragione. E se il centro, oggi diviso e frammentato, avrà, alla fine, un’unica grande casa.

Valentina Pigliautile


© RIPRODUZIONE RISERVATA


Commenti e retroscena del panorama politico
Iscriviti e ricevi le notizie via email

Exit mobile version