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«Ho pensato al ritiro, soffrivo troppo. Sinner? Il migliore al mondo, ma anche il più umile»


Matteo Berrettini è stato protagonista con Jannik Sinner del secondo trionfo consecutivo di Davis. Tre anni fa il romano era in finale a Wimbledon, due anni fa era 6 del mondo, un anno fa era solo tifoso a Malaga, infortunato, da marzo è risalito al 35 ATP.

Matteo, se potesse mandare un messaggio al Matteo del 2023 che cosa gli direbbe?
«Gli direi di non mollare. Allora era stato bello ma anche surreale, mi ero anche chiesto: «Ma perché sono qui?». Non facevo davvero parte della squadra ma Sonego, primo fra tutti, mi aveva chiesto di mettermi in prima fila per trasmettere la mia energia. Quelle emozioni sono state la benzina per allenarmi da lì in poi e ricaricare le motivazioni».

Lei ha giocato tre partite bellissime, tra doppio e singolare.
«È incredibile, ho trovato delle splendide soluzioni, la cosa più importante è essere riuscito ad arrivare integro: mi mancavano questi momenti. Il mio livello di tennis è sempre stato lì ma non è facile giocare al meglio quando sei assente così a lungo, l’obiettivo era stare meglio dopo ogni partita e ce l’ho fatta».

Contro Kokkinakis ha anche fatto una rimonta.
«È stato un match con tantissime difficoltà, ci ho messo il cuore. Senza dubbio la mia più bella partita di quest’anno: mi è mancata l’abitudine a giocare coi migliori».

Lei ha un rapporto speciale con la Davis.
«Da ragazzino, in una finale di serie A dove suonavano l’inno nazionale, Bolelli mi disse: «Pensa come ti sentirai quando difenderai i colori dell’Italia». A volte devo darmi dei pizzicotti per rendermi conto che tutto quello che sto vivendo è realtà. Però la Davis è un animale strano, può succedere di tutto: quel primo set con Kok lo vincerei io 9 volte su 10».

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È vero che ha detto al calpitano: «Schierami in singolare, doppio, misto o capo ultrà, come vuoi «»?
«Certo, l’anno scorso ho sofferto troppo in tribuna».

Ha detto: mi sono ricostruito dalle fondamenta, oggi apprezzo di più ogni traguardo.
«È stato un anno molto positivo, emozionante, stancante. Venivo da una base traballante e ho ritrovato energia ed equilibrio. Fra quello che voglio e quello che sono».

Intanto per il prossimo anno ha assoldato come preparatore atletico, Umberto Ferrara, che Sinner ha licenziato per la vicenda doping.
«Non ho sentito Jannik prima di fare la mia scelta, Umberto è un bravissimo preparatore. Quest’anno ho lavorato tanto con Francesco Bientinesi e per fortuna ho ancora ampi margini di miglioramento. Della squadra farà parte Alessandro Brega che mi è rimasto vicino anche quando cercavo di allontanarlo, e sto cercando un allenatore».

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Come nasce l’amicizia fra Matteo e Jannik?
«È stata immediata e diretta. Non ha maschere, è il ragazzo semplice e solare che vedete. Ha giocato una delle migliori stagioni di sempre del tennis, è il migliore del mondo, ma è anche il più umile. Contro l’Argentina prima di scendere in campo in doppio con me ha chiesto a tutta la squadra se gli andasse bene la decisione. Ha mostrato un grandissimo rispetto».

Ma il Berrettini ritrovato può tornare fra i top 10?
«Per il prossimo anno ho tanti obiettivi e tanta voglia. Sarà molto difficile ma ho ancora voglia di sognare. Mi alleno duramente per vivere questi momenti. Ne ho avuto altri in cui ho pensato al ritiro: avevo la sensazione che il mio fisico non mi supportasse più, mi sentivo debole. Poi mi sono accettato».

 

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