30.10.2025
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Science

«Ho l’acufene incurabile, per l’errore di un fonico stavo per rimanere sordo. Devo mettere i tappi»


Piero Pelù si è comprato con le «paghette» la sua prima chitarra. Aveva otto anni. Da lì ha cominciato a suonare, a vivere di musica. «Di quella Eco Eldorado m’è rimasto il manico ma lo conservo gelosamente». Ma la musica per lui è stato anche dolore. Un dolore incessante: un fischio incessante che lo tormenta ogni minuto e «ogni fottuta notte fino all’alba», racconta a Sette lo storico leader dei Litfiba.

L’errore di un fonico

Un errore di un fonico che l’ha fatto svenire a terra nell’ottobre 2022. Un problema con le cuffie che lo ha costretto poi a rimandare due tournée, cadere in depressione e fare i conti da allora con una forma incurabile di acufene. «Purtroppo la ricerca su questo male è ferma e, condividendo la mia storia sui social, mi sono reso conto che ne soffrono in tantissimi». Ma Piero non si è dato per vinto. E così nel 2024 ha pubblicato un nuovo album, Deserti. Ad aprile è tornato in tour con Il Ritorno del Diablo. Poi ha scritto Sos, una canzone per la Palestina. E infine un film-docu intitolato Rumore dentro, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.

L’acufene

Un modo per tornare sulle scene e dimenticare quello che gli è successo anche se «purtroppo dovrò farci i conti finché vivo: la forma che ho, dovuta a un trauma, è la più cattiva.

Un fonico incapace mi ha fatto esplodere una bomba nelle orecchie, in cuffia. Per fortuna, anziché la sordità, ho un’ipersensibilità a certe frequenze e con il tempo sono riuscito a inventarmi un sistema per cantare. Devo mettere spesso i tappi quando sono tra la gente o esco a cena, se ci sono rumori di piatti o voci acute che mi feriscono».

La depressione

Così è arrivata la depressione, racconta ancora al settimanale del Corriere della Sera: «Non so se lo choc sia stato scatenante ma, da allora, gli up e i down sono stati frequenti. Ci sto ancora lavorando, e mi aiutano molte cose. La musica, gli amici, i viaggi, la mia barboncina Tina che viene con me ovunque, pure alla Mostra del Cinema di Venezia…». Con Rumore dentro, Pierò Pelù confessa a Sette, «ho riscoperto ciò che ho fatto di bello. Ho riaperto un enorme baule di ricordi, un archivio sconfinato di filmini in Super 8, passione ereditata da mio padre e mio nonno. Li avevo girati e poi conservati coi sali minerali per proteggerli dall’umidità. Mi hanno regalato sorprese meravigliose».

Il padre con l’Alzheimer

In quel baule ha trovato pure un video con i suoi due genitori, «girato una sera che avevano probabilmente bevuto un vinaccio, visto che mio padre ha la lingua nera. E, coincidenza, avevano la stessa età che ho io ora. Sono cresciuti durante la guerra, mia madre ancora soffre di claustrofobia per via dei rifugi antiaerei, poi però si sono sposati e hanno formato la famiglia borghese perfetta, con la casa a Firenze e la casina al mare, le vacanze, gli amici. Sono due highlander. Mio padre ha 98 anni, l’Alzheimer lo sta divorando ma ha sprazzi di lucidità fantastici, l’altro giorno mi ha visto e ha detto: “Oh, il diavolo gigante!”». Avere un figlio rockettaro non è stato il massimo per mamma e papà. «l’hanno vissuto male, malissimo, anche dopo il successo. Mia madre soprattutto, aveva il rigetto del figlio ribelle che ero».

Da bambino seguiva suo padre ovunque per motivi di lavoro. E così «ho cambiato spesso scuole e compagni, ho imparato ad adattarmi ed è stata una palestra fantastica: oggi sono a mio agio in situazioni disparate, dalla festa gitana agli incontri con grandi stilisti. E viaggiare mi è di grande ispirazione nella scrittura: ti estranei dalla quotidianità e vai di fantasia. Lo faccio anche guidando, una forma di meditazione. Quando mi girano le scatole, nulla di meglio che prendere un camper e sparire per una settimana». Oggi a 63 anni e mezzo, come specifica lui, «dopo eccessi e privazioni sono contento,: ho trovato un buon equilibrio tra ricerca della libidine e salute. Le giuste dosi di alcol, cibo e tutto il resto».


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