05.08.2025
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«Ho fatto una cosa mostruosa»


Alessandro Venier ucciso per evitare andasse in Colombia

Il giorno dell’omicidio e la premeditazione non sarebbero casuali: l’uccisione di Alessandro Venier è avvenuta alla vigilia della partenza per la Colombia, il luogo dove l’uomo aveva deciso di andare a vivere. Alessandro Venier non sarebbe partito da solo, avrebbe portato con se sia la compagna che la figlia di sei mesi: una scelta non condivisa né dalla stessa Mailyn né da Lorena Venier, la madre della vittima. È quanto riporta l’edizione friulana del Messaggero Veneto in merito al movente dell’omicidio. Il giornale riferisce ancora che la signora Venier, dal canto suo, non voleva perdere quella che ha definito con il magistrato ‘la figlia che non aveva mai avuto’ e con la quale si era cementato un sentimento di forte affetto, ricambiato. Un sentimento rafforzatosi in una una alleanza stimolata da un comune sentire. E Mailyn non avrebbe voluto tornare nel suo Paese. Né Lorena Venier voleva separarsi dalla piccola con la quale il legame forse è ancora più forte. Viene intanto chiarita anche la dinamica dell’omicidio: l’uomo sarebbe stato dapprima stordito con una forte dose di farmaci e poi soffocato con un cordino. Una volta morto sarebbe cominciata l’operazione di sezionamento del cadavere.

Pm: c’è premeditazione

«Per le due persone che si sono autoaccusate del reato sarà contestata la premeditazione». Lo ha detto, all’ANSA, il procuratore aggiunto di Udine, Claudia Danelon, in relazione al delitto di Gemona. L’applicazione dell’aggravante, rispetto all’omicidio volontario e all’occultamento di cadavere, sarà proposta nell’udienza di convalida davanti al Gip, in programma domani.

«Non possiamo fornire alcun altro elemento — ha aggiunto Danelon — la vicenda è molto delicata e prima della conclusione degli accertamenti non possiamo asserire se ci siano state responsabilità preponderanti nel delitto di un’indagata rispetto all’altra».

La calce acquistata apposta per coprire la salma

La calce viva che è stata utilizzata per coprire i resti di Alessandro Venier, ucciso e fatto a pezzi dalla mamma e dalla compagna, è stata acquistata apposta dalle due donne per neutralizzare l’odore del cadavere dell’uomo nascosto in un bidone dell’autorimessa. Lo apprende l’ANSA da fonti investigative: è quanto emerso nel corso dell’interrogatorio di ieri sera della mamma della vittima, che ha confessato. Non è stato ancora chiarito se l’approvvigionamento del materiale per l’edilizia, utilizzato per evitare che i vicini avvertissero il cattivo odore emesso dalla decomposizione del corpo, sia stato fatto prima del delitto — nel qual caso si configurerebbe la premeditazione del reato — oppure in seguito al sezionamento del corpo in tre parti. Per stabilire questo elemento con certezza occorrerà attendere anche l’esito dell’interrogatorio della convivente della vittima e individuare i relativi riscontri sul cadavere. Al momento non è stato ancora stato affidato l’incarico per l’autopsia.

La mamma è andata regolarmente al lavoro dopo l’omicidio

Lorena Venier, la donna di 61 anni che ha ammesso di aver ucciso e fatto a pezzi il corpo del figlio Alessandro, di 35, dopo l’omicidio del figlio, è andata regolarmente al lavoro fino a mercoledì sera. Lo apprende l’ANSA da ambienti investigativi. La donna è un’apprezzata infermiera, anche con incarichi di coordinamento, in servizio al Distretto sanitario di Gemona (Udine), la cui sede è ubicata all’interno del locale ospedale. Dalla sera del delitto — avvenuto, come ha confessato lei stessa, lo scorso 25 luglio — si è sempre presentata regolarmente al lavoro, senza destare sospetti. Il corpo del figlio era stato nascosto, subito dopo il «delitto mostruoso», come l’ha lei stessa definito, in un bidone all’interno dell’autorimessa della villetta, che si trova in uno stabile separato dall’abitazione. Era stato coperto di calce viva per evitare che i miasmi potessero insospettire i vicini.

La madre: «Marilyn la figlia che non ho mai avuto»

«Mailyn è la figlia femmina che non ho mai avuto»: è quanto ha detto agli investigatori Lorena Venier, la donna di 61 anni, infermiera di Gemona (Udine), che ha ammesso di aver ucciso e fatto a pezzi il cadavere del figlio, Alessandro, di 35 anni, assieme alla compagna di lui, Mailyn Castro Monsalvo, cittadina colombiana di 30 anni. «Forse in questo legame eccezionale — ha fatto sapere l’avvocato difensore della Venier, Giovanni De Nardo — può esserci la base e la spiegazione di ciò che è accaduto, anche se non intendo specificare altri particolari, che appartengono al segreto istruttorio»

Slitta l’interrogatorio del pm a Marilyn Castro Monsalvo, la compagna della vittima

Slitta l’interrogatorio del pm a Marilyn Castro Monsalvo, la donna di 30 anni, di origini colombiane, accusata dell’omicidio del compagno e convivente Alessandro Venier, di 35 anni, avvenuto una settimana fa nella loro abitazione di Gemona (Udine). Delitto avvenuto — secondo l’accusa — assieme alla suocera Lorena Venier, che già ieri sera ha fornito piena e dettagliatissima confessione. Contrariamente a quanto si era ipotizzato, i difensori della donna non hanno invece notizia dell’interrogatorio della giovane donna davanti al sostituto procuratore di Udine, Giorgio Milillo. «Mi sto recando al carcere del Coroneo di Trieste per conoscere la mia assistita — ha confermato, all’Ansa, l’avvocato di fiducia della donna, Federica Tosel — Non ho alcun elemento relativo all’inchiesta. Mi è stata descritta come molto provata dal collega Francesco De Carlo, che l’ha già incontrata. La vicenda è delicatissima e serve la massima cautela, anche in ragione delle sue condizioni di salute e della presenza di una bimba di pochi mesi, la cui posizione va assolutamente tutelata».

Il delitto commesso una settimana fa

Il delitto di Gemona (Udine), lo hanno accertato gli investigatori nel corso del lungo interrogatorio di ieri sera, è avvenuto una settimana fa, la notte di venerdì 25 luglio, «ma non è stato riferito di una particolare lite scatenante». Lo ha precisato il legale udinese Giovanni De Nardo, che patrocina la difesa di Lorena Venier, mamma della vittima, che ha fornito piena confessione. «La mia assistita — ha aggiunto — ha spiegato nel dettaglio la successione degli eventi, escludendo completamente il coinvolgimento di terzi oltre alle persone che abitavano nella casa assieme a lei». De Nardo, nel rispetto del segreto istruttorio, non ha fornito dettagli sul movente — «che è stato completamente dettagliato» — né sulle modalità del delitto. L’udienza di convalida dell’arresto si terrà con ogni probabilità nella giornata di lunedì.

La mamma Lorena: sono stata io, ho fatto una cosa mostruosa

«Sono stata io e so che ciò ho fatto è mostruoso»: è quanto ha ammesso, di fronte al magistrato che la stava interrogando, Lorena Venier, la donna di 61 anni, di Gemona (Udine), che ha confermato di aver ucciso e fatto a pezzi il figlio Alessandro, di 35 anni. «La mia assistita ha reso piena confessione di fronte al sostituto procuratore che l’ha interrogata — ha confermato, all’Ansa, l’avvocato Giovanni De Nardo, che patrocina la sua difesa — Come si può immaginare, era visibilmente scossa per la crudeltà della sua azione e per la contrarietà a qualsiasi regola naturale del suo gesto». La donna ha agito assieme alla convivente del figlio.

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