15.05.2025
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Technology

«Grazie ai droni potremo prevedere anche gli incendi»


Negli ultimi anni il riscaldamento globale ha reso gli incendi e gli eventi climatici estremi sempre più frequenti. Abbiamo parlato con Patrizia Bagnerini, professoressa di analisi numerica all’Università di Genova, e Daniele Caviglia, ordinario della Scuola Politecnica di Ingegneria di Genova, consulente e socio fondatore di Inspire, una startup tutta italiana che si occupa di raccogliere e analizzare dati sugli incendi attraverso i droni e un sistema di intelligenza artificiale. La startup, fondata nel 2017, ha di recente raccolto 2,5 milioni di euro attraverso bandi e si basa sulla piattaforma M.A.R.S (Multiple Airdrone Response System), che prevede di raccogliere ed elaborare dati attraverso l’intelligenza artificiale. L’obiettivo? Collaborare con vigili del fuoco e protezione civile per fornire uno strumento in grado di prevedere e comprendere in anticipo lo sviluppo di un incendio. 

Professoressa Bagnerini, partiamo dalle basi. Come nasce Inspire e cosa la rende unica?
Patrizia Bagnerini: «Inspire nasce da questa idea: i droni sono già usati dai dai vigili del fuoco e della protezione civile sia nella fase pre-incendio che post-incendio. Ma tutto questo avviene, in un certo senso, in maniera ancora artigianale. Cioè, il singolo operatore manda un drone sull’area, analizza, guarda a vista per capire l’estensione, come sono le condizioni, eccetera. Quello che noi cerchiamo di fare è rendere tutto questo processo automatizzato attraverso una piattaforma e degli algoritmi che gestiscono dalla partenza al rientro all’analisi dati il drone e la sua capacità di raccogliere informazioni».

Un servizio che permette in questo modo di controllare aree molto estese 24 ore su 24…
Daniele Caviglia: «Esattamente, il fatto che sia un singolo operatore a svolgere tutte queste attività rende il lavoro molto difficile: quando torna il drone deve cambiare la batteria ma l’operatore è anche impegnato nell’antincendio. Questo fa sì che non ci possa essere una continuità di servizio: se l’incendio dura 24 ore, due giorni, il servizio non è fatto in maniera continuativa. Quello che Inspire vuole fare è cambiare il paradigma e permettere una continuità di servizio. Il drone arriva a terra in questa piattaforma, che attualmente è montata su un pick-up, dove può scaricare le immagini e i video, quindi si appoggia sulla piattaforma e grazie a un braccio robotico viene sostituita la batteria. Inoltre se diventa notte, ad esempio, può essere inserita una telecamera termica o un altro tipo di sensore, anche questo viene sostituito in maniera automatica. L’idea è quella di dispiegare più piattaforme sul territorio in modo da avere una copertura più capillare sull’area».

Tutto questo apre scenari che fino a pochi anni fa erano pura fantascienza…
P.B.: «Grazie agli algoritmi e all’intelligenza artificiale stiamo aprendo a scenari che prima non erano possibili. Ad esempio, i droni volano sull’area, sono geolocalizzati e recuperano dove è il fronte d’incendio, ovvero stimano l’estensione del fronte, mandano i dati sui tablet o sui cellulari degli operatori. Abbiamo inoltre implementato degli algoritmi previsionali, quindi viene previsto come evolverà in base al vento: i droni sono dotati di sensori, recuperano le informazioni, non solo quindi le immagini, ma anche altri possibili elementi come per esempio il fumo. Si fa poi una strategia, prevedendo l’effetto che l’acqua farebbe se fosse dispersa in una determinata area».

A che punto siete? Quando vedremo i vostri droni lavorare insieme ai vigili del fuoco?
D.C.: «In questo momento siamo ancora in fase diciamo sperimentale finale, nel senso che abbiamo dei prototipi ma non c’è ancora una squadra di vigili del fuoco attrezzata con il nostro sistema. In realtà abbiamo due sistemi in mente: uno che monitora e analizza, l’altro che può intervenire portando nelle aree colpite acqua o liquido estinguente». 
P.B.: «Per quanto riguarda il futuro, come Università di Genova abbiamo una convenzione con i vigili del fuoco per arrivare ad avere la loro competenza e le loro opinioni e poi, più avanti, a una sperimentazione. Ci sono ovviamente tutta una serie di problemi normativi da risolvere. Inizialmente per capire come funziona deve essere usato non sugli incendi veri ma negli abbruciamenti, gli incendi controllati. Abbiamo comunque una roadmap».

La piattaforma è completamente automatizzata e gestita da un modello di intelligenza artificiale…
P.B.: «Sì, questa è una parte che noi abbiamo già sviluppato da parecchio tempo con degli algoritmi e poi negli ultimi anni, visto appunto anche il grosso sviluppo degli LLM, dell’intelligenza artificiale, stiamo cercando anche di muoverci in questa direzione. L’uso dell’IA permette di fare molto di più: per esempio monitorare quegli incendi che sembrano spenti e in realtà poi si riprendono magari quando non sta lavorando nessuno perché è notte. O ancora stiamo usando l’intelligenza artificiale per individuare quali sono i punti di rischio di un incendio».

Ci sono altre applicazioni oltre a quelle di cui abbiamo discusso?
D.C.: «Certo, sia in agricoltura che per esempio nel ritrovamento di dispersi, si può applicare anche in mare per il ritrovamento di naufraghi, o nella sorveglianza continua di impianti. Per esempio abbiamo già fatto alcune sperimentazioni in Sardegna, in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari: lì ci potrebbero essere aziende agricole o consorzi agrari interessati alla nostra piattaforma». 

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