Sul tema giustizia il governo è sotto attacco: «Non tanto attacchi giudiziari, ma in parlamento». Ne è convinto il ministro trevigiano alla Giustizia Carlo Nordio, che in questi giorni deve fare fronte alla marea montante di critiche arrivate dopo il suicidio di un 17enne all’interno dell’istituto minorile di Treviso, episodio che per Nordio «Non è collegato al problema del sovraffollamento». E ancora: «Sovraffollamento e suicidi sono due problemi gravi ma non connessi tra loro».
Il caso del suicidio in carcere a Treviso del ragazzo di 17 anni ha nuovamente acceso i riflettori su questo fenomeno: nelle carceri italiane la situazione sta peggiorando?
«La situazione delle carceri italiane è quella sedimentatasi nei decenni precedenti, alla quale stiamo ponendo rimedio con grande determinazione. Ma il doloroso episodio di Treviso non è connesso al sovraffollamento del carcere o alle sue condizioni. Il ragazzo era in Cpa, ed è stato fatto tutto quanto era necessario per salvarlo. Dobbiamo piuttosto domandarci come sia possibile che un minore sia arrivato a vivere in quel modo, tra fragilità, violenza e illegalità. Chi ha fatto arrivare in Italia questi ragazzi, e comunque chi non se ne prende cura, ha secondo me l’intera responsabilità morale di queste tragedie».
Nel caso trevigiano si possono riscontrare delle lacune in chi doveva vigilare sul ragazzo?
«Ho letto che la magistratura se ne sta occupando, come del resto è doveroso. Ma dai miei accertamenti risulta che l’intervento è stato tempestivo e che ogni sforzo è stato fatto per salvargli la vita. Ma mi lasci dire, a costo di esser politicamente scorretto, che se una persona intende suicidarsi, in carcere o fuori, non c’è modo di impedirlo. A Norimberga, sotto strettissima sorveglianza militare, due imputati si uccisero: Ley impiccandosi al tubo del bagno, e Goering con il veleno».
Il verificarsi dei suicidi è conseguenza del sovraffollamento?
«No, son due problemi gravi, ma non connessi. Anzi, molti tentativi di suicidio sono stati sventati proprio dai compagni di cella, che comunque esercitano una sorta di controllo. Il sovraffollamento porta all’esasperazione più che alla disperazione, e quindi alla rivolta violenta piuttosto che all’autolesionismo. Questo ovviamente non significa che il sovraffollamento non costituisca un problema, che stiamo cercando di risolvere».
Tanti suicidi sono di persone giovani spesso in attesa di giudizio.
«I suicidi in carcere sono oggetto di studio in tutto il mondo, e derivano da varie componenti. Certo, molti sono giovani, ma ci sono anche anziani. Ma quello che più sconcerta è che molti si uccidono quando stanno per essere liberati. Forse è la mancanza di prospettive, la paura del domani, il disorientamento nel rientrare in un mondo nuovo. Anche su questo stiamo operando con personale specializzato, soprattutto trovando lavoro per chi in carcere ne ha appreso uno».
Da mesi il tema giustizia tiene banco con critiche pesanti a lei e al Governo: si sente sotto attacco?
«Beh, in un certo senso sì. Non tanto di attacchi giudiziari, ho troppo rispetto per la magistratura – io mi sento ancora un magistrato – per pensare che strumentalizzi inchieste a fini politici. Piuttosto penso agli attacchi in parlamento e da parte di una certa stampa che mi ha riempito di contumelie: persino ubriacone e mafioso. Roba da ridere. Comunque è tutta adrenalina, che alla mia età fa anche bene. E penso che quando andremo al referendum le nostre energie saranno vigorose».
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